lunedì 14 novembre 2011

...tanto per dare l'idea...



...valigie stagne...?


un cielo promettente!


Verso il Guatemala

Le notizie sul tempo non sono confortanti, sono in contatto via mail con Franco che è già passato per Guatemala City e che è in contatto con due canadesi che lo precedono di un paio di giorni, tutto il Centroamerica è sott'acqua, anzi "soto aqua" come scrive nel suo slang italokrukko, il Guatemala è particolarmente colpito, la Panamericana pare sia interrotta, ovviamente qui l'unica cosa certa è il tasso di umidità...,il confine, che è a un paio di centinaia di km, pare sia chiuso, si parla di strade franate o, in alternativa, di frane sulle strade, il risultato non cambia ma rende bene l'idea. Dopo due notti a S. Cristòbal comunque decido di partire, inutile stare a sentire le mille voci che girano su strade, tempo e confini, si va avanti e vediamo cosa succede ma soprattutto cosa  troveremo. Inutile dire che la mattina quando parto sta piovendo, il colore del cielo passa dal grigio al grigio approfittando di tutte le sfumature del grigio e il colore del sole, ma soprattutto il calore del sole sono un lontano ricordo, nemmeno dopo due giorni l'attrezzatura da moto si è asciugata e anche tutti i vestiti sono umidi, le valigie dovrebbero essere stagne ma mi viene suggerita un'ottima definizione secondo la quale chiamasi "stagno" un qualsiasi contenitore che riesce a trattenere al suo interno tutto il liquido che è riuscito ad entrare.  La strada sale subito fino a duemila metri poi ci sono 150 km di altipiano, jungla e conifere si alternano a comporre un paesaggio dove è facile intuire con quante difficoltà l'uomo ne possa ricavare qualcosa. Mi fermo a bere un caffè a Comitàn, ultima città messicana  prima del confine, tre ragazzotti gironzolano intorno alla moto incuriositi dagli adesivi sulle valigie dove spicca l'assenza della bandiera messicana, si fanno quattro chiacchere sulle strade. Pare, sempre pare...,che la frontiera oggi sia aperta, fino a Huehuetenango si arriva, poi non si sa, inutile allungare di duecento km fino all'altra frontiera sul Pacifico perchè la situazione in Guatemala non cambia, si parla di trenta morti per l'alluvione, ma il bilancio è provvisorio. Paco, Luis ed Enrique mi dicono di aspettare nel parcheggio, partono a bordo di un'improbabile mezzo meccanico che solo con grande fiducia ed ottimismo si potrebbe definire automobile e dopo dieci minuti ritornano con l'adesivo della bandiera messicana, l'orgoglio con cui lo attaccano sulla valigia laterale della moto è quasi commovente, inutile dire che è un omaggio, un caloroso addio e riparto. Dimentichiamo la rigida atmosfera quasi asettica, rigida, controllata delle ex frontiere europee, qui è una bolgia infernale dove gli uffici doganali scompaiono inghiottiti dalle bancarelle e dai banchetti dei venditori ambulanti, centinaia di persone si muovono in continuazione in tutte le direzioni mescolandosi ai cambisti e alle guide che si propongono ,devo dire con molto rispetto e discrezione, per seguirti tra i vari uffici doganali, camioncini e microtaxi si incrociano come su una pista di autoscontro. La linea di confine è indistinguibile, prima di uscire dal Messico devo far timbrare il visto di uscita dall'immigrazione e soprattutto devo restituire il Permesso Temporaneo di Importazione della moto, conditio sine qua non per riavere indietro la caparra di duecento dollari che entrando mi hanno accreditato sulla carta di credito. Arrivando manco in pieno gli uffici, per dire la verità avevo avuto un sospetto su una palazzina intravista lungo la strada,  mi ero fermato a chedere ma una specie di divisa mi aveva fatto proseguire di tre km fino alla frontiera, arrivandoci rischio di finire lungo entrando in Guatemala, chiedo ad un'altra divisa che ovviamente mi fa tornare indietro alla palazzina, il che dimostra quanto valgano spesso le proprie intuizioni..., dove trovo l'omino giusto che mi fotografa la moto e mi annulla il permesso certificando l'uscita dallo Stato. Altro passaggio all'immigrazione per annullare anche il visto e riparto per i soliti tre km che per tre volte sono già diventati nove! Stavolta attraverso a pieno diritto la linea invisibile del confine, un metro dopo sono bloccato con la moto avvolta da una nuvola di nonvogliosaperecosasia. Scientificamente dovrebbe trattarsi di zooprofilassi, meno scientificamente l'operazione, chiamarla disinfestazione mi pare troppo generoso, dovrebbe fare in modo che ognuno si tenga le proprie bestie con le proprie malattie, nella pratica, oltre a dovergli dare un paio di dollari per la fumigazione devo anche cercare di convincere l'addetto a non insistere troppo con l'erogatore sulle  valigie "stagne" con dentro i miei vestiti. L'immigrazione la sbrigo in un paio di minuti, il solito permesso di importazione è anche questione di una mezzoretta ma per completarlo va pagata la pratica, l'uomo della dogana mi fornisce di modulo e mi indica la porta di una filialina di banca lì a fianco, busso perchè la porta è chiusa e nello spiraglio mi appare Rambo con giubbotto antiproiettile, appesi alla cintura pistolone da caccia grossa, sfilza di caricatori, manganello tipo III° Reparto Celere di Padova versione anni di piombo e in mano fucile a pompa con calcio segato, senza  farmi entrare e senza dire una parola mi prende di mano modulo e soldi e riappare dopo un paio di minuti con il pagamento effettuato. Gran bella presentazione!
La strada segue per una cinquantina di km una lunga valle stretta e alta, quando non è sprofondata nel fiume sottostante è più  una gimcana fra le frane, gli smottamenti e le pietre cadute sulla carreggiata. Il paesaggio si incupisce, forse la valle stretta o forse il territorio vulcanico più scuro rendono il cielo ancora più grigio, ogni quindiciventi km una sciacquata di pioggia dà un tocco di allegria alla festa ma l'impatto forte lo dà il senso di povertà che si respira da subito. Gli stracci indossati dai bambini che giocano nelle pozze di fango ai lati della strada, le baracche di fango e lamiera dei villaggi, l'immondizia abbandonata ai lati della strada, le carcasse di auto spolpate e abbandonate ovunque insieme alle puzzolenti nuvole di fumo nero dei vecchi "chicken bus"che oscurano e avvelenano l'aria sono tutti indicatori di un livello economico e sociale ben più basso di quello che ho appena lasciato in Messico, e non è che si navigasse sempre nell'oro nemmeno là....
Nel tardo pomeriggio raggiungo e pernotto a Huehuetenango, solo una tappa sulla strada per Chichicastenango, per il lago Atitlan, per Antigua, per i veri gioielli del Guatemala!