mercoledì 19 ottobre 2011

ovviamente Chichen Itzà


per chi non ci credeva il canestro del campo di basket


Rafael the day after...


mezzo passo indietro

Arrivando dal confine con il Belize a Cancun ci sono circa 400 km di strada che segue la costa meridionale dell Yucatan sul Caribe, lo Yucatan è un piattone tipo le praterie americane, ovviamente non se ne parla nemmeno dello stile ordinato e coltivato degli states, diciamo che qui, anche dove è coltivata, la natura è molto più...spontanea! A parte comunque l'impatto visivo quaggiù siamo nella stagione delle piogge e di tanto in tanto ci si trova a fare la doccia sotto il sole. Il dubbio è sempre lo stesso, fermarsi e perdere tempo per mettersi l'attrezzatura oppure prendersi la lavata e poi sperare di asciugarsi? Le avvisaglie qui sono scarse, la pioggia non la vedi se non a poche centinaia di metri quando oramai ci sei dentro e quando ci sei dentro viene giù a secchiate per cui dopo un pò impari a interpretare le tonalità di colore delle nuvole, più sono scure, più ti lavi! Sembra una stronzata ma non puoi comunque passare la giornata a fermarti, cambiarti e ripartire, fermarti cambiarti e ripartire, non sei mica Naomi Campbell ad una sfilata di moda per cui vado per l'opzione lavaeasciuga che nei 400 km si ripete almeno sei o sette volte. Il giorno dopo comunque arrivo a Chichen Itzà senza lavaeasciuga, la strada principale scopro essere una specie di autostrada, la sorpresa è alla fine quando mi presenta il conto e capisco perchè mi sono fatto circa 200 km in mezzo ad un corridoio di arbusti chiusi da un reticolato con due sole uscite incontrando tre sole macchine fino a quando mi scontro con una specie di casello che mi spilla ben 330 pesos che fanno circa 17 euri che qui è una cifra da capogiro...
Comunque arrivo a Chichen, che per inciso anzi per chi non lo sa è uno dei siti archeologici più importanti di tutta l'area di influenza Maya che comprendeva oltre allo Yucatan anche il Belize, il Guatemala, e parte dell'Honduras. Sempre per chi non lo sa, e non per inciso che non so nemmeno chi sia questo inciso, i Maya furono un popolo straordinario che riuscì a farsi meravigliosamente i cazzi loro per oltre un migliaio di anni studiando stelle e pianeti, coltivando mais, caffè e occasionalmente qualche funghetto furbo ( ;)) costruendo templi, piramidi, palazzi, campi di pallone e di basket fino a quando verso il 1500 quattro spagnoli di scarsi scrupoli autolegittimandosi come portatori di fede ma alla fine rivelandosi soprattutto come asportatori di ricchezze riuscirono a buttare all'aria tutto quanto. Chiuso l'angolo culturale torniamo a Chichen, sfruttando la bassa stagione riesco a trattare con il portiere dell'albergo da 1000 fino a 550 pesos, tanto per dire la dura vita del viaggiatore..., recupero una lavanderia per un giro di bucato e vado a spasso per il villaggio di riferimento al sito. L'attenzione viene catturata da un locale tipo negozio con un muro che fa da quinta impedendo dal marciapiedi esterno di vedere l'interno del locale ma non impedemdo di sentire il baccano di musica e voci che invade la strada. butto l'occhio ma mi cuccano subito, mi invitano dentro e nnon posso rifiutare, al banco c'è un Paco, o un Luis, o un Gonzalo splendidamente truccato che sembra Vanda Osiris con canottierina nera aderente, minigonnellina di tulle verde svolazzante e sandaletti con zeppona sui quali, con scarsa dimestichezza, cerca di servire i clienti senza sbriciolarsi le caviglie, un paio di avventori al banco sui cui gusti sessuali non potrei scommettere e un unico tavolo con Rafael, la sua fidanzata e amici assortiti, e quando scrivo assortiti so quello che scrivo! Il locale è storico, pare abbia quasi cento anni e con Rafael concordiamo sul fatto che le pitture delle pareti siano assolutamente originali, per non dire mai rinfrescate, Rafael fa la guida ufficiale e parla cinque o sei lingue, viste le condizioni in cui si trova nel frangente a tratti le parla anche contemporaneamente...comunque il gruppo è simpatico e si fanno un paio di giri di birrette. Ci diamo appuntamento alle rovine per le otto della mattina dopo, io ci sono, Rafael no! Mi faccio il giro prima dell'invasione dei pullman e lo ritrovo all'uscita che aspetta un gruppo di gringos. Gli ricordo il patto ma mentre mi racconta che lui quella mattina alle otto era lì ma probabilmente non dove ero io un suo collega dietro le spalle alza gli occhi al cielo e fa finta di infilarsi un pollice in bocca facendomi l'occhiolino...linguaggio internzionale e vizi comuni... Salutibacieabbracci, vado in albergo a fare una doccia, carico i bagagli e alle tredici sono in  strada verso Palenque, altro pezzo forte della storia dei Maya.

domenica 16 ottobre 2011

scogli a Isla Mujeres


ancora Caye Caulker

qui non ci ho dormito...


qui invece si.. cacciando 30 dollari...


on the road again

La giornata non era cominciata un granché, la mattina, tanto per suggellare il ricordo, lasciando l'isola con la barca stava piovendo a dirotto, a Belize City per fortuna aveva già smesso per cui quando finalmente esco dal porto, faccio il pieno e prendo la strada per il Messico le nuvole si sono alzate e comincia a fare caldo. Essere di nuovo in sella ha un effetto terapeutico, l'emozione di guidare per la prima volta su una terra nuova, in mezzo ad un paesaggio così diverso mi riconcilia con il mondo. L'asfalto è piuttosto ruvido e un pò sconnesso ma tutto intorno la natura è rigogliosa, guido fra le palme ed in mezzo a coltivazioni di frutta, di grano, e di canna da zucchero. Fazzoletti disordinati di terra coltivata soffocati da sterpi, cespugli ed erba alta quasi due metri. La media ovviamente è bassa, l'organizzazione delle strade diciamo che non è presa in considerazione. La strada principale di collegamento è una sola e non si prevede un'alternativa per cui attraversa tutti i villaggi che vengono annunciati da una serie di rallentatori di varia forma ed effetto, quando va bene si riescono a passare in seconda a venti kmh, i peggiori sono quasi dei gradini di otto cm di altezza quasi verticali che vanno affrontati praticamente da fermi, si frena, si rilascia per far respirare la sospensione, lo si passa e si riprende dalla prima marcia. Se il villaggio è piccolo ce la caviamo con tre o quattro, quando il villaggio si allunga diventano una maledizione, cerchi il punto più basso vagando a destra e a sinistra sulla carreggiata, anche invadendo l'altra corsia ovviamente tanto qui siamo qui e non siamo negli states, ma va a finire che te ne ritrovi uno ogni cento metri per qualche km. A volte non sono neppure segnalati e te li ritrovi lì davanti, si tira una bella inchiodata, la moto si intraversa anche un pò e in un modo o nell'altro lo passi cercando di galleggiare aiutandoti con le litanie di rito! Vuoi per i giorni persi, vuoi per la pessima impressione che il Belize mi ha dato da subito abbandono l'idea di fare un paio di giorni di turismo archeologico. Il cambio di programma sta diventando una costante evidentemente. Confesso anche che un pò mi dispiace, mi rendo conto che il giudizio non ha potuto essere oggettivo e non è giusto liquidare un paese che avrebbe natura e storia da offrire per uno stato d'animo non appropriato, ma ormai così è andata. Per il confine ci sono circa 150 km e la procedura è un pò complicata, un ufficio apposito rilascia un permesso di importazione temporanea per la moto garantito da una cauzione di 200 dollari effettuata sulla carta di credito, uscendo dal paese il permesso viene annullato e la cauzione riaccreditata, speriamo..., sulla carta. Avere certezza sugli orari degli uffici pubblici qui è ovviamente impensabile, la tendenza, ma è una tendenza..., sono le cinque del pomeriggio. So che attraversando il confine perderò un'ora con il fuso, esco dal Belize dove devo restituire il permesso di importazione e timbrare l'uscita, perdo un pò di minuti per il visto di entrata e arrivo davanti allo sportello ovviamente chiuso da TRE minuti. La situazione non è brillantissima, in Belize non posso rientrare, in Messico potrei entrare, c'è una cittadina a dieci km, ma lasciando la moto in zona franca, non se ne parla nemmeno! La zona franca è un bordello indescrivibile, macchine, motorini, pedoni che vanno avanti e indietro in più un casinò e due alberghi. Il primo è economicamente inaffrontabile quindi finisco nel secondo che entra di diritto nei top five dei peggiori posti dove ho dormito insieme ad un motel in Ucraina, un albergo ad Aleppo in Siria, un albergo ad ore a Puntarenas in Costa Rica e una locanda in mezzo alle montagne del Montenegro. Vi risparmio i particolari, l'unica nota positiva è che finisco a cenare nel Casinò che si è riempito di messicani che vanno a giocare dove il cibo costa quasi niente, ma soprattutto si beve gratis! E sono occasioni nella vita che capitano di rado e vanno sfruttate! Sarà comunque una notte d'inferno, alle cinque e mezza di mattina il proprietario indiano del ristorante in ristrutturazione al piano di sopra comincia ad andare di martello, vado dal giovane che sarebbe una specie di portiere di notte e che sta controllando la mia moto dormendo sul divano davanti alla porta dell'albergo e gli faccio capire che non gradisco molto la cosa, riesce a farlo smettere ma comunque ho visto albe migliori, alle otto sono davanti all'ufficio e in mezzora sbrigo tutto, entro in Messico, faccio l'assicurazione e torno a Cancun dove c'è un pneumatico nuovo che mi aspetta. Lo cambiamo prima di sera e così siamo a posto, domani si punta verso Chichen Itza.