Un giorno di sosta a Bariloche poi si riparte , lascio
l’alberghetto vicino al lago che fa da fondovalle alla cittadina ma per fare
benzina sono costretto a ripassare per il centro, ci sarebbe la strada nuova
per l’aeroporto che la taglia fuori ma
non ci sono distributori e pare che i rifornimenti da qui in avanti non saranno
così scontati. I centri abitati sono piuttosto rarefatti, tipo che fra un
villaggio e l’altro ci passano anche dai cento ai duecento km e non è nemmeno
detto che in ogni villaggio ci sia una pompa e visto che è tempo di vacanza e
in tempo di vacanza la gente si muove parecchio può capitare benissimo che la
pompa sia pure a secco il che vuol dire aspettare il camion dei rifornimenti
anche fino al giorno dopo. Regola uno dunque da ora in poi fare il pieno ogni
volta che se ne presenta l’occasione. Passo dunque per il centro , faccio il
pieno e finalmente riparto, in un modo o nell’altro attraverso la città,
seguendo le indicazioni piuttosto
controverse di un paio di passanti mi ritrovo in periferia, le ultime case si
diradano e lasciano posto agli abeti, anche l’asfalto si dirada e lascia il posto
al primo sterrato, così…tanto per cominciare a divertirsi, di indicazioni
stradali non se ne parla, blocco un camioncino che arriva da una laterale e
chiedo conferma per il sud, non serve altro parchè se riesco ad uscire da
Bariloche poi c’è una strada sola quindi non c’è problema. Lo sterrato dura
meno di una decina di km fino a quando rientro sulla strada principale, per un
centinaio di km si viaggia alle pendici delle montagne, passo da una valle
all’altra accompagnato da foreste di abeti, laghi e prati verdi, qualche
campeggio e piccoli villaggi turistici giustificano quel po’ di traffico che si
incontra di tanto in tanto e quel po’ di biciclette che si incrociano. La
strada scende dalle montagne quindi niente più laghi, abeti e verde intenso ma
di nuovo terra arida, erba secca e giallastra e soprattutto la noia mortale del
paesaggio della pampa. Arrivo a Gobernador Costa, mi chiedo cosa abbia fatto di
speciale il Sig. Gobernador Costa per farsi intestare un villaggio tanto
insignificante e mi rispondo che probabilmente ci è solo nato e cresce immediata l’ammirazione per essere riuscito a
diventar governatore nascendo in un posto del genere. Siamo in mezzo al solito
nulla e va da se’ che la strada principale è dritta come un fusetto, per meno
di un km parallelamente allo stradone ci sono altre due vie che probabilmente
vedranno l’asfalto non prima di un paio di secoli e sono collegate alla
principale da un paio di bretelline in altrettanto stato polveroso. Un primo
alberghetto è esaurito ma ci sono alternative, la prima mi spara un bel 35
dollari che, sempre secondo le mie personalissime stime, è una truffa,
attraverso la strada e un’insegna promette camere e alloggi, sotto l’insegna
una grande vetrina lascia intravedere, attraverso vari strati di polvere, un
bar ma la porta è sbarrata, il bar comunica con un piccolo bazar ma anche
quello è decisamente chiuso. Non mi arrendo, giro l’angolo e provo il retro,
bussa qua…bussa là, lancia una voce e un colpo di tosse finalmente emerge una
signora, la stanza c’è, una tettoia nel cortile per la moto anche, il bagno è
in comune con le altre stanze ma pare non ci siano altri ospiti e comunque non
è un problema, la stanza certo non ricorda quella di uno Sheraton, anzi per la verità non
ricorda nemmeno quella di un qualsiasi albergo degno di tale nome ma costa
circa 11 dollari quindi va benissimo, forse c’è anche il wi fi, bisogna
connettersi con quello del vicino di casa e non sempre funziona ma di solito
si…, basta aver fiducia! Per cena non ci sono grandi alternative, un vecchio
baretto anni sessanta con una maestosa griglia che occupa una parete intera, un
lungo bancone in legno e acciaio e otto tavolini in laminato e sottili zampette
cromate con quasi tutte le sedie in abbinamento riempiono la sala, le afte non danno
tregua e mangiare è una tortura ma la carne è una meraviglia quindi cerco di
non pensarci. Quando sto per finire salta la luce in tutto il villaggio e
rimaniamo al buio, il sole è tramontato da un pezzo e l’oscurità è quasi
completa ma nessuno ci fa caso, un “oooh “ quasi impercettibile poi le
conversazioni ai tavoli riprendono come nulla fosse successo, il tempo passa e
la situazione non cambia, le ragazze servono ai tavoli facendosi luce con i
telefonini, dopo parecchi minuti il
vecchio alla griglia si rassegna e sacrifica una, dico una!!!, candela che
accende e appoggia sul bancone per tutti, finisco la mia cena e sempre alla
luce del display di un cellulare pago il conto e raggiungo la mia sontuosa locanda
dove non rimane molto altro da fare se non buttarsi in branda e aspettare,
possibilmente dormendo, il giorno dopo. L’esperimento riesce , prima di
rimettermi in strada faccio colazione al distributore e riparto, la giornata è
serena, il cielo è di un azzurro intenso con qualche batuffolo bianco appeso
qua e là, i primi duecento km sono di asfalto fino a quando lascia il posto al
il mitico “ ripio” ovvero quello che tecnicamente da noi si chiama “macadam”
oppure volgarmente ”sterrato”, in due parole sassi e polvere! Anzi…facciamo tre
parole, sassi, polvere e buche! La strada è larga, due corsie comode in realtà
sono quattro canali di terra ben battuta che le ruote delle macchine
ripuliscono dai sassi che invece si accumulano
ai lati, le ruote della moto corrono abbastanza sicure dentro il canale
largo una trentina di cm. ma di tanto in tanto il canale si sporca di pietrisco
o buche o altro e bisogna uscire affrontando il morbido strato di ghiaia di
riporto alto anche cinque dieci cm , normalmente il fondo è abbastanza liscio
ma quando la strada è in pendenza le ruote delle macchine saltellano e creano
delle scanalature trasversali abbastanza profonde da costringerti ad alzarti in
piedi sulle pedane per aumentare il peso sulla ruota anteriore e rendere la
moto più guidabile. La guida non è particolarmente difficile ma è molto
impegnativa sul piano della tensione che è forte e non ti permette di
rilassarti per più di qualche centinaio di metri. Di tanto in tanto alla strada
vecchia si affianca quella nuova oppure la nuova prende il posto della vecchia ma
quando la nuova, cioè praticamente quasi sempre, non è ancora ufficialmente aperta,
il traffico, si fa per dire visto che incontro
qualcuno mediamente ogni 30 km…., passa su una pista nuova che i
caterpillar hanno spianato a fianco. A seconda delle condizioni sulla strada
vecchia si riesce a viaggiare fra i quaranta e i settantacinque kmh ma il fondo
della pista nuova non è stato testato dalle migliaio di carri e macchine che lo
hanno calpestato per decenni battendolo
e indurendolo e quindi è sabbioso e morbido, la moto comincia a scodinzolare e
il manubrio vibra fra le mani, la tensione sale e non si deve cedere alla
tentazione di rallentare troppo cercando al contrario di far galleggiare la
moto sopra il terreno morbido. Spesso la strada nuova si presenta come un
invitante nastro di terra battuta tirato come un biliardo e a volte è ricoperto
da un ancora più invitante fondo di asfalto ancora vergine. Ia prima razione di
ripio dura circa 45 km poi, sarà l’invitante…, sarà il concetto di vergine ma non
resisto oltre e quindi superando gagliardamente i cumuli di terra che chiudono
gli accessi mi butto sulla strada nuova, a volte va bene e riesco a percorrere
tranquillo una decina di km ma altre volte mi ritrovo alla fine del cantiere
affacciato su qualche trincea profonda un paio di metri e nessuna maniera di
rientrare sul vecchio percorso, tocca fare inversione, si ripercorre un po’ di
strada a ritroso fino a quando, in un modo o nell’altro, si trova il sistema di
ritornare sulla strada vecchia e fino a quando un altro invitante nastro di
asfalto più o meno vergine ti attira di nuovo. Dopo 390 km di questa storia
verso le cinque del pomeriggio arrivo a
Bajo Caracoles, dalla strada principale parte un nastro di polvere che entra in
mezzo ad una decina di baracche di legno ordinatamente sparse in mezzo ad
altrettanta polvere. Una baracca esibisce un’insegna di ostello ma la porta di
ingresso esibisce anche un bel cartello con scritto chiuso. Ad un’altra baracca
è collegata una pompa di benzina, mentre faccio il pieno chiedo al ragazzotto
com’è la situazione per la notte considerato che l’ostello è chiuso. Il fatto
che l’ostello sia chiuso suona molto strano al ragazzotto ma mi dice che anche
loro del distributore affittano camere,
non sa bene il prezzo ma dovrebbe essere intorno ai 40barra60 dollari,
signorilmente riduco i commenti al minimo e lo prego di informarsi meglio con i
titolari, la versione definitiva è addirittura settanta dollari quindi piuttosto
che sborsare quel capitale mi monto la tenda nel fosso della strada, in quello
arriva Pablo da Brasilia che viaggia su una piccola Honda rossa carica come un
mulo di zaini, bisacce e taniche. Fra uomini di strada ci intendiamo al volo e
partiamo all’attacco della porta chiusa dell’ostello, dopo qualche insistenza
la porta si apre e concordiamo una doppia a venti dollari a testa, questo si
che è parlare! Venti minuti nemmeno sapevamo che esistevamo reciprocamente e
adesso dividiamo la stessa stanza, lo stesso bagno, la stessa doccia, …ma
ovviamente non lo stesso letto…! Così è la strada! L’ostello offre anche pizza
e bistecca impanata con purè di ( polvere di) patate. Sarò anche prevenuto ma
quattro baracche sommerse dalla polvere in mezzo alla Patagonia non mi sembrano
la location più adatta per una pizza, nemmeno per una bistecca alla milanese
probabilmente ma Argentina vuol dire carne e quindi la scelta è d’obbligo e per
sapere com’era quella bistecca andate a farvi un giro verso la fine del mondo,
da me non lo saprete mai…J