lunedì 20 febbraio 2012

Fernando " Toscano"

piccoli cedimenti della carreggiata con avvoltoio...

piccoli smottamenti senza avvoltoio....

coltivazioni estreme

Relax

Dopo l’inferno di ieri una rilassata giornata da turista a Popayan,  la città bianca,  dei quattro musei in dotazione due sono chiusi, o meglio uno è chiuso per motivi da definire e l’altro non è disponibile in quanto la polizia non ha mandato la guida, almeno questa è la versione del custode che non mi fa entrare, la faccenda che la polizia fornisca le guide ai musei mi risulta alquanto anomala ma abbiamo imparato che a queste latitudini certi misteri sono fermamente destinati a rimanere tali per cui gliela diamo per buona e dirotto sugli altri due piccoli musei che dalle stanze di due antichi palazzi raccontano l’altrettanto antica storia della famiglia Valencia che ha dato alla Colombia un poeta e letterato e poi suo figlio che è diventato presidente  della Repubblica negli anni sessanta. Chiusa la parentesi culturale! Il resto della giornata se ne va’ passeggiando per le calli e osservando i mille mestieri che affollano i vialetti della piazza centrale, si va dai tradizionali carrettini con lo zucchero filato agli un po’meno tradizionali carrettini che vendono succhi di frutti sconosciuti dai colori ancora più sconosciuti  fino al fotografo armato di macchinettina digitale e cavallino di pezza che fotografa i bambini in groppa al suddetto cavallino e poi li parcheggia con la mamma su una panchina per una mezzoretta fino a quando il negozio all’angolo gli ha stampato la foto da vendergli, penso  che se fossi un bambino preferirei di gran lunga una motocicletta rossa ad uno stupido cavallino di pezza, la macchinettina digitale già ce l’ho per cui se in futuro la liquidità per il pieno di benzina dovesse venire meno sappiamo come venirne fuori! La mattina dopo, uscendo dalla città, mentre sono al distributore, si avvicina Fernando detto “Toscano”,  di toscano ovviamente non ha proprio nulla ma probabilmente le tre pizzerie che ha con i fratelli e una certa confusione sulla geografia gastronomica italiana gli hanno fatto guadagnare il soprannome e probabilmente anche i pesos per comprarsi una Suzuki V Strom  1000 che in Europa sono riusciti a vendere solo ai Vigili Urbani di Udine ma in Sudamerica pare abbia qualche estimatore in più. Fernando è reduce fresco fresco dal Giro della Pace ovvero un giro della Colombia lungo una ventina di giorni insieme ad gruppone di una settantina di motorettari  ma la notiziona è che vitto e alloggio sono offerti dall’esercito nelle varie caserme  quindi a carico vanno solo gli extra intesi come benzine varie, pare che la cosa si ripeta ogni anno quindi vi lascio la dritta per la prossima edizione.  Si parte dai 1600 metri di altitudine e si comincia a salire, nei primi 60 km ai soliti cantieri ed ai soliti camion, ai quali oramai sono abituato, si aggiungono spesso cedimenti della sede stradale di almeno quindiciventi cm ma il pericolo maggiore sono i ragazzini che stendono da una parte all’altra della strada una lunga corda con degli stracci annodati e mentre stai sopraggiungendo  te la tesano davanti al muso della macchina, o della moto…, per poi riabbassarla all’ultimo momento. Assicuro che l’esperienza non è particolarmente avvincente ma, di tutto quanto ho visto finora, qui siamo ai livelli più bassi di povertà, a fianco dei ragazzini anziane donne circondate da altri mocciosi vestiti di stracci stanno sedute sul ciglio della strada allungando la mano verso le macchine che passano per una poco efficace ma altrettanto poco convinta richiesta di elemosina. Alle loro spalle quella che dovrebbe essere l’abitazione non è altro che una baracca di tavole di legno ricoperta da teli di plastica, all’interno, di porte non se ne parla, si intravede quello che è rimasto di un materasso confuso in un mucchio di masserizie, l’acqua è quella che scorre dal fianco della montagna e si raccoglie nel fossato ai lati della strada. Questo è il quadro, certo non fa perdonare il gesto dei ragazzini, ma aiuta a vederlo con un occhio differente. Fra una considerazione e l’altra siamo arrivati a 3200 mt. di altitudine avvolti dalle nuvole che tanto per cambiare non sono un granché benigne, a tratti ha piovuto anche forte ma, come nelle storie che si rispettano, all’orizzonte, senza aver fumato niente di strano, vedo la luce e infatti, cominciando a scendere, il cielo gradatamente si apre e il sole inizia a scaldare e ad asciugare. Dal passo sono sceso fino a 1500 mt, l’orizzonte si è aperto e mi accorgo di guidare su un lungo e ampio altipiano ritagliato da profondi canyon, i riferimenti dell’orizzonte sono lontani e le pareti sono ripide e profonde e ti sembra di guidare sospeso nel cielo. A volte la strada si affaccia su un altro canyon che fa da affluente al principale, per proseguire di poche centinaia di metri devi seguire per qualche km la gola fino a quando, verso la fine,  un piccolo ponte ti permette di balzare oltre e di riprendere la strada di prima. Il paesaggio si fa maestoso, quando la strada corre in costa sembra essere appesa alla montagna e dall’altra parte della valle sulle rive scoscese le coltivazioni sembrano sfidare la gravità. L’altipiano sbatte contro un’altra catena di montagne, il paesaggio si fa più angusto, si torna a salire fino a tremila metri e il cielo torna a coprirsi, un altro passo per affacciarsi e scendere nella valle di Pasto e gli ultimi cinque km naturalmente sono sotto la pioggia. La cittadina è alla fine della Colombia ma non è la fine del mondo, qualche reminiscenza coloniale poco abilmente integrata da qualche condominio anni settanta e da qualche  edificio moderno dallo stile decisamente inopportuno, quasi in centro non si riesce a non notare un centro commerciale dalla facciata in mattoni che fa molto docks di Liverpool  ma molto poco Sudamerica. Poco male, una veloce e triste cena in un ristorante spagnolo che di spagnolo ha solo i manifesti appesi alle pareti e sul menù i soliti piatti colombiani e poi a dormire, domani entro in Ecuador. Di certo non rimpiangerò la cucina della Colombia ma so di lasciarmi indietro i suoi paesaggi, i suoi colori e soprattutto la sua gente, con una fama pessima nel mondo, con i loro visi duri ma con i loro sorrisi fatti con gli occhi e soprattutto con il cuore.