martedì 6 novembre 2012



la camera dello Sheraton

il garage dello Sheraton

antichi fasti

la pampa

il mitico ostello

e il mitico Pablo


Un giorno di sosta a Bariloche poi si riparte , lascio l’alberghetto vicino al lago che fa da fondovalle alla cittadina ma per fare benzina sono costretto a ripassare per il centro, ci sarebbe la strada nuova per l’aeroporto  che la taglia fuori ma non ci sono distributori e pare che i rifornimenti da qui in avanti non saranno così scontati. I centri abitati sono piuttosto rarefatti, tipo che fra un villaggio e l’altro ci passano anche dai cento ai duecento km e non è nemmeno detto che in ogni villaggio ci sia una pompa e visto che è tempo di vacanza e in tempo di vacanza la gente si muove parecchio può capitare benissimo che la pompa sia pure a secco il che vuol dire aspettare il camion dei rifornimenti anche fino al giorno dopo. Regola uno dunque da ora in poi fare il pieno ogni volta che se ne presenta l’occasione. Passo dunque per il centro , faccio il pieno e finalmente riparto, in un modo o nell’altro attraverso la città, seguendo le  indicazioni piuttosto controverse di un paio di passanti mi ritrovo in periferia, le ultime case si diradano e lasciano posto agli abeti, anche l’asfalto si dirada e lascia il posto al primo sterrato, così…tanto per cominciare a divertirsi, di indicazioni stradali non se ne parla, blocco un camioncino che arriva da una laterale e chiedo conferma per il sud, non serve altro parchè se riesco ad uscire da Bariloche poi c’è una strada sola quindi non c’è problema. Lo sterrato dura meno di una decina di km fino a quando rientro sulla strada principale, per un centinaio di km si viaggia alle pendici delle montagne, passo da una valle all’altra accompagnato da foreste di abeti, laghi e prati verdi, qualche campeggio e piccoli villaggi turistici giustificano quel po’ di traffico che si incontra di tanto in tanto e quel po’ di biciclette che si incrociano. La strada scende dalle montagne quindi niente più laghi, abeti e verde intenso ma di nuovo terra arida, erba secca e giallastra e soprattutto la noia mortale del paesaggio della pampa. Arrivo a Gobernador Costa, mi chiedo cosa abbia fatto di speciale il Sig. Gobernador Costa per farsi intestare un villaggio tanto insignificante e mi rispondo che probabilmente ci è solo nato e cresce  immediata l’ammirazione per essere riuscito a diventar governatore nascendo in un posto del genere. Siamo in mezzo al solito nulla e va da se’ che la strada principale è dritta come un fusetto, per meno di un km parallelamente allo stradone ci sono altre due vie che probabilmente vedranno l’asfalto non prima di un paio di secoli e sono collegate alla principale da un paio di bretelline in altrettanto stato polveroso. Un primo alberghetto è esaurito ma ci sono alternative, la prima mi spara un bel 35 dollari che, sempre secondo le mie personalissime stime, è una truffa, attraverso la strada e un’insegna promette camere e alloggi, sotto l’insegna una grande vetrina lascia intravedere, attraverso vari strati di polvere, un bar ma la porta è sbarrata, il bar comunica con un piccolo bazar ma anche quello è decisamente chiuso. Non mi arrendo, giro l’angolo e provo il retro, bussa qua…bussa là, lancia una voce e un colpo di tosse finalmente emerge una signora, la stanza c’è, una tettoia nel cortile per la moto anche, il bagno è in comune con le altre stanze ma pare non ci siano altri ospiti e comunque non è un problema, la stanza certo non ricorda quella  di uno Sheraton, anzi per la verità non ricorda nemmeno quella di un qualsiasi albergo degno di tale nome ma costa circa 11 dollari quindi va benissimo, forse c’è anche il wi fi, bisogna connettersi con quello del vicino di casa e non sempre funziona ma di solito si…, basta aver fiducia! Per cena non ci sono grandi alternative, un vecchio baretto anni sessanta con una maestosa griglia che occupa una parete intera, un lungo bancone in legno e acciaio e otto tavolini in laminato e sottili zampette cromate con quasi tutte le sedie in abbinamento riempiono la sala, le afte non danno tregua e mangiare è una tortura ma la carne è una meraviglia quindi cerco di non pensarci. Quando sto per finire salta la luce in tutto il villaggio e rimaniamo al buio, il sole è tramontato da un pezzo e l’oscurità è quasi completa ma nessuno ci fa caso, un “oooh “ quasi impercettibile poi le conversazioni ai tavoli riprendono come nulla fosse successo, il tempo passa e la situazione non cambia, le ragazze servono ai tavoli facendosi luce con i telefonini,  dopo parecchi minuti il vecchio alla griglia si rassegna e sacrifica una, dico una!!!, candela che accende e appoggia sul bancone per tutti, finisco la mia cena e sempre alla luce del display di un cellulare pago il conto e raggiungo la mia sontuosa locanda dove non rimane molto altro da fare se non buttarsi in branda e aspettare, possibilmente dormendo, il giorno dopo. L’esperimento riesce , prima di rimettermi in strada faccio colazione al distributore e riparto, la giornata è serena, il cielo è di un azzurro intenso con qualche batuffolo bianco appeso qua e là, i primi duecento km sono di asfalto fino a quando lascia il posto al il mitico “ ripio” ovvero quello che tecnicamente da noi si chiama “macadam” oppure volgarmente ”sterrato”, in due parole sassi e polvere! Anzi…facciamo tre parole, sassi, polvere e buche! La strada è larga, due corsie comode in realtà sono quattro canali di terra ben battuta che le ruote delle macchine ripuliscono dai sassi che invece si accumulano  ai lati, le ruote della moto corrono abbastanza sicure dentro il canale largo una trentina di cm. ma di tanto in tanto il canale si sporca di pietrisco o buche o altro e bisogna uscire affrontando il morbido strato di ghiaia di riporto alto anche cinque dieci cm , normalmente il fondo è abbastanza liscio ma quando la strada è in pendenza le ruote delle macchine saltellano e creano delle scanalature trasversali abbastanza profonde da costringerti ad alzarti in piedi sulle pedane per aumentare il peso sulla ruota anteriore e rendere la moto più guidabile. La guida non è particolarmente difficile ma è molto impegnativa sul piano della tensione che è forte e non ti permette di rilassarti per più di qualche centinaio di metri. Di tanto in tanto alla strada vecchia si affianca quella nuova oppure la nuova prende il posto della vecchia ma quando la nuova, cioè praticamente quasi sempre, non è ancora ufficialmente aperta, il traffico, si fa per dire visto che incontro  qualcuno mediamente ogni 30 km…., passa su una pista nuova che i caterpillar hanno spianato a fianco. A seconda delle condizioni sulla strada vecchia si riesce a viaggiare fra i quaranta e i settantacinque kmh ma il fondo della pista nuova non è stato testato dalle migliaio di carri e macchine che lo hanno calpestato per decenni  battendolo e indurendolo e quindi è sabbioso e morbido, la moto comincia a scodinzolare e il manubrio vibra fra le mani, la tensione sale e non si deve cedere alla tentazione di rallentare troppo cercando al contrario di far galleggiare la moto sopra il terreno morbido. Spesso la strada nuova si presenta come un invitante nastro di terra battuta tirato come un biliardo e a volte è ricoperto da un ancora più invitante fondo di asfalto ancora vergine. Ia prima razione di ripio dura circa 45 km poi, sarà l’invitante…, sarà il concetto di vergine ma non resisto oltre e quindi superando gagliardamente i cumuli di terra che chiudono gli accessi mi butto sulla strada nuova, a volte va bene e riesco a percorrere tranquillo una decina di km ma altre volte mi ritrovo alla fine del cantiere affacciato su qualche trincea profonda un paio di metri e nessuna maniera di rientrare sul vecchio percorso, tocca fare inversione, si ripercorre un po’ di strada a ritroso fino a quando, in un modo o nell’altro, si trova il sistema di ritornare sulla strada vecchia e fino a quando un altro invitante nastro di asfalto più o meno vergine ti attira di nuovo. Dopo 390 km di questa storia verso le cinque del pomeriggio  arrivo a Bajo Caracoles, dalla strada principale parte un nastro di polvere che entra in mezzo ad una decina di baracche di legno ordinatamente sparse in mezzo ad altrettanta polvere. Una baracca esibisce un’insegna di ostello ma la porta di ingresso esibisce anche un bel cartello con scritto chiuso. Ad un’altra baracca è collegata una pompa di benzina, mentre faccio il pieno chiedo al ragazzotto com’è la situazione per la notte considerato che l’ostello è chiuso. Il fatto che l’ostello sia chiuso suona molto strano al ragazzotto ma mi dice che anche loro  del distributore affittano camere, non sa bene il prezzo ma dovrebbe essere intorno ai 40barra60 dollari, signorilmente riduco i commenti al minimo e lo prego di informarsi meglio con i titolari, la versione definitiva è addirittura settanta dollari quindi piuttosto che sborsare quel capitale mi monto la tenda nel fosso della strada, in quello arriva Pablo da Brasilia che viaggia su una piccola Honda rossa carica come un mulo di zaini, bisacce e taniche. Fra uomini di strada ci intendiamo al volo e partiamo all’attacco della porta chiusa dell’ostello, dopo qualche insistenza la porta si apre e concordiamo una doppia a venti dollari a testa, questo si che è parlare! Venti minuti nemmeno sapevamo che esistevamo reciprocamente e adesso dividiamo la stessa stanza, lo stesso bagno, la stessa doccia, …ma ovviamente non lo stesso letto…! Così è la strada! L’ostello offre anche pizza e bistecca impanata con purè di ( polvere di) patate. Sarò anche prevenuto ma quattro baracche sommerse dalla polvere in mezzo alla Patagonia non mi sembrano la location più adatta per una pizza, nemmeno per una bistecca alla milanese probabilmente ma Argentina vuol dire carne e quindi la scelta è d’obbligo e per sapere com’era quella bistecca andate a farvi un giro verso la fine del mondo, da me non lo saprete mai…J