giovedì 4 ottobre 2012

arrivando a bariloche

patagonia

...e non è detto che cisia sempre il sole...

e di nuovo patagonia!


Da Mendoza a S. Carlos de Bariloche ci sono circa 1300 km, con una tappa intermedia dovrei farcela in un paio di giorni, piccola sosta e poi vediamo…, i ragazzi della  corte del saldatore di marmitte sconsigliano per il momento la Ruta 40, con una leggera deviazione posso rimandare l’appuntamento con la polvere. Per un paio di centinaia di km si passa da un’azienda agricola all’altra, grandi case coloniche in stile, cantine ultramoderne, cisterne in acciaio inossidabile, foresterie che sembrano  design hotel, ogni tanto il villaggio di riferimento e in mezzo filari interminabili di vigne, da un km all’altro finisce tutto e comincia la pampa, avrà sicuramente il suo fascino ma da subito si presenta come una dei paesaggi più noiosi che abbia mai visto, qualche arbusto, qualche cespuglio, poca erba giallastra su un terreno quasi sabbioso e grigio, le Ande sono una lontana linea morbidamente frastagliata che separa il grigio dall’ azzurro del cielo. A parte alcune leggere ondulazioni del terreno che non superano un paio di decine di metri tutto il resto è definitivamente piatto! Tardo pomeriggio, mancano un centinaio di km per 25 de Mayo, da un bel po’ viaggio nel bel mezzo del niente, una moto ferma sul ciglio della strada con una faccia decisamente sconsolata appoggiata sopra mi risvegliano dal torpore della noia, ci metto qualche istante a realizzare poi freno, faccio inversione e la faccia ha un nome e parla, è Juan di Neuquen che sta andando a Nord ad un incontro di motociclisti ma ha forato l’anteriore. È fermo da almeno un ora e delle quattro macchine che sono passate nessuna ha accennato a fermarsi, ha un cellulare ma siamo a circa cento km dal primo centro abitato e non c’è copertura. Gli offro la mia bomboletta ripara-gomme che dovrebbe funzionare anche con le camere d’aria ma non la vuole, probabilmente la camera d’aria è troppo malandata e non funzionerebbe. Mi lascia il numero di Marcelo, appena trovo un telefono lo devo chiamare, dargli la posizione  di Juan e mandarlo là con camera d’aria, leve smontagomme e pompa, gli offro un po’ di biscotti ma non li vuole, accetta invece la bottiglia di acqua che ho con me. Facciamo insieme un due conti e a spanne che arrivi ad un telefono, chiami Marcelo, che Marcelo si organizzi e arrivi da Juan ci vorranno almeno tre ore ma Juan è sereno e comunque ha tenda e sacco a pelo quindi anche se, come si dice, è praticamente in mezzo ad una strada, un tetto…o qualcosa del genere… c’è! In un ora arrivo circa a Cruce del Deserto, di nome e di fatto, due rette  che si incrociano, niente a destra, niente a sinistra, niente su, niente giù, a lato della strada solo un albergo con ristorante ma il tutto è decisamente sproporzionato visti i paraggi, anche il prezzo è sproporzionato, 75 dollari sono esattamente una rapina e non manco di farlo presente, la titolare mi propone un arrotondamento ma ugualmente non ci siamo ancora e comunque c’è da salvare Juan. Spiego la situazione all’ometto della reception che telefona a Marcelo. Marcelo non risponde. Richiama e Marcelo risponde, si fa per dire perché l’ometto gli spiega come sta la questione ma dalla faccia non sembra troppo convinto di quello che sta facendo. Mette giù e mi conferma l’impressione ma non riesco a capire cosa stia succedendo. Chiedo di parlarci, prego di richiamare e di nuovo Marcelo risponde, la voce sembra totalmente dissociata da chi sta parlando, le risposte arrivano sempre qualche istante in ritardo rispetto a quando dovrebbero segno che nonostante la facilità apparente della risposta necessitano sempre di un momento di riflessione;  sei Marcelo?... Si… Sei l’amico di Juan che è partito stamattina in moto?... Si… Hai presente chi è Juan?... … Si… Hai capito dove ti sta aspettando?...Si…Hai capito che ha bisogno che tu vada a recuperarlo con camera d’aria, leve smontagomme e pompa?...Si. Mi arrendo, o meglio spero che Marcelo, che probabilmente ha appena testato tutto il nuovo campionario di stupefacenti che gli hanno recapitato abbia uno sprazzo di lucidità e si renda almeno conto in quale galassia si trovi e vada a recuperare Juan. Rendo la cornetta all’ometto della concierge, lo sguardo di intesa che ci scambiamo è eloquente, combatto con un leggero senso di colpa, forse non dovrei fidarmi ma è quasi buio, sono praticamente in mezzo al deserto e più che tornare da Juan con una birra tiepida e una bistecca fredda non potrei fare e se Marcelo torna in sé lo salva lui, se non torna in sé Juan è giovane e sufficientemente in carne da non morire di fame anche se salta una cena, domattina fermerà qualcun altro e alla peggio arriverà al raduno un giorno in ritardo. Mi metto l’animo in pace. Torniamo alla trattativa. Nonostante l’arrotondamento il prezzo della camera rimane improponibile, a una decina di km c’è il villaggio e forse si combina qualcos’altro. Per arrivarci si deve uscire dallo stradone principale, al bivio ci sono due specie di motel ma sono esauriti, la faccenda si complica, entrando nel villaggio trovo l’ultimo motel, la camera c’è e costa 45  dollari che per essere in un posto di merda in mezzo al nulla è ancora una follia ma stavolta non possiamo più fare gli schizzinosi e accetto. Per la cena entro nel villaggio che offre una specie di panineria e un baretto che serve pizza e pollo arrosto. Con le infiammazioni che continuano a massacrarmi la bocca la pizza sarebbe l’ennesima tortura per cui vado di pollo arrosto, dopo quasi un’ora e almeno tre birrette per aiutare a dimenticare il contesto arriva una mattonella di carne troppo bianca e troppo stopposa che sembra di masticare gesso da presa ma le tre birrette hanno fatto il loro dovere e una quarta completa l’opera. Considerato tutto il contesto comincio a capire anche Marcelo. La colazione è in linea con lo squallore di tutto il resto, una tazza di thè, una fetta di qualcosa che potrebbe ricordare del pane e una mattonellina di marmellata insipida, per un bicchiere di liquido color aranciata si deve pagare una differenza…la truffa dei 45 dollari comincia a irritarmi sempre di più, una  misera camera, niente parcheggio e la moto rimane parcheggiata in mezzo alla strada, uno straccio di connessione internet non è nemmeno prevista, sulla colazione mi sono espresso,  quando chiedo di poter fare una telefonata a Bariloche mi sento rispondere che devo andare fino in paese al posto telefonico pubblico…intuisco che il giovanotto che ho di fronte è il figlio dei proprietari, bene! Quindi non è un dipendente contro il quale non sarebbe giusto sfogarsi e quindi gli spiego dettagliatamente quello che penso sul suo albergo e sul fatto che per un senso di equità e giustizia se tanto chiedi almeno qualcosa devi offrire, il mio spagnolo esce talmente fluente che il personaggio afferra  il concetto al volo, tenta di controbattere ma non c’è fisicamente lo spazio, con lo stesso stile mi accomiato, salgo in moto e me ne vado lasciandolo visibilmente offeso, perfetto! J I primi 500 km sono di una noia mortale, il nulla mi circonda e il caldo non aiuta. A 150 km cominciano a cambiare un po’ le cose, la strada si arrampica su una cresta di colline che nascondono un grande bacino artificiale, un po’ di saliscendi intorno al lago poi si continua a salire, un altro lago, questa volta naturale e annuncia S. Carlos de Bariloche, probabilmente la più importante stazione invernale del Sudamerica, ma siamo in gennaio e quindi in piena estate australe e la temperatura torrida e l’aria polverosa stridono parecchio con le facciate simil-tirolesi degli alberghi delle vie centrali. L’atmosfera sta cambiando, già con Mendoza si è iniziato a respirare un aria vagamente europea,  lineamenti  indigeni e carnagioni color caffellatte sono ormai un ricordo, ogni viso tradisce un avo italiano, un nonno spagnolo o una zia teutonica. Mi fermo per due notti, quest’aria quasi di casa non mi mancava affatto, la meta non è più lontanissima e l’idea che l’avventura stia per terminare comincia ad affacciarsi.