Dal momento in cui abbiamo cominciato a rilassarci dopo aver
recuperato un tetto per la notte Byron e Roelof hanno cambiato almeno tre o
quattro programmi per il giorno successivo, sveglia nella notte per ripartire
verso nord ed andare a vedere l’arrivo della tappa successiva, sveglia un po’
più tardi per andare a vedere la partenza e forse anche l’arrivo, sveglia a
caso per una giornata senza programmi molto definiti ma sempre con l’idea di
seguire la gara. Alla fine facciamo colazione insieme verso le otto e mezza,
l’ultima decisione è di partire prima di quanto previsto nell’ultimo programma
ma ieri sera si erano accordati con una cameriera dell’hotel per un lavaggio di
biancheria che ovviamente non è ancora completato, mentre cercano di spiegare
alla fanciulla incredula che la roba se la portano via bagnata in un sacco e
non serve asciugarla e stirarla io mi carico la moto, saluto e parto. Esco
dalla città scortato dai camion dell’organizzazione, la strada segue un paio di
tornanti per risalire sull’altopiano che la spalleggia poi parte dritta come un
fuso in mezzo al deserto per arrivare ad incrociare la solita Panamericana che
va verso sud… oppure nord a seconda di quello che serve… Pochi km fuori dalla
città c’è fermento, i piloti sono già partiti e stanno per incrociare la strada
principale prima di perdersi nel deserto verso nord, mi fermo e aspetto il passaggio sorridendo ma anche un
po’ dispiaciuto per Byron e Roelof che sono in albergo a lottare con la
cameriera per le loro mutande bagnate mentre comodocomodo aspetto che la gara
mi passi davanti al naso. La targa italiana della moto intanto fa un’altra
vittima, si avvicina Annalisa di Livorno che adesso non è più di Livorno ma è
di Vina del Mar che è vicino a Valparaíso detto Valpo che è vicino a Santiago
che è a metà del Cile e ne è la capitale e Annalisa è di Vina del Mar perché ci
ha sposato un ufficiale della Marina cilena e ci ha fatto un paio di figli. Si
chiacchiera del più e del meno meno che del passato militare del Cile che
ovviamente, essendo suo marito appunto un militare, è argomento tabù, anzi
diciamo che è un intervallo di tempo che non viene contemplato dalla storia,
una forma di revisionismo un po’ personalizzata … Comunque fra una chiacchiera
e l’altra passa qualche pilota, i figli di Annalisa cominciano ad annoiarsi e
io anche per cui ci ripromettiamo di rivederci a Valparaíso e ci salutiamo,
loro non so dove vanno invece io vado verso S. Pedro de Atacama, raggiungo la
Panamericana, che per me va verso sud, e accompagnato ormai solo dai pick up
rossi delle compagnie minerarie mi ributto fra le sabbie e le pietraie del
deserto cileno. S. Pedro è quasi sotto le Ande, dopo qualche cento km lascio la
Panamericana e punto verso est , il panorama non cambia, deserto e ancora
deserto, ogni tanto qualche curva per superare qualche increspatura del terreno
spezza la monotonia di rettilinei che arrivano fino a cento km di lunghezza. Di
tanto in tanto un cartello con un numero o con il nome di una concessione
segnala una diramazione, dal nastro di asfalto parte una strada sterrata che si
perde chissà dove verso le montagne, poco prima di S. Pedro entro e percorro un
vallone segnato da due creste di rocce rosse che emergono dal terreno e
sembrano le schiene di due enormi aragoste
cucinate e seminsabbiate. Il villaggio da alcuni anni è molto gettonato dagli
amanti del trekking e delle escursioni e
questo non fa bene né ai prezzi né alla sua primitiva atmosfera diciamo
così…rurale…! La via centrale è lastricata ma tutto intorno le strade sono di sabbia
e stridono con l’immagine ricercata e a volte quasi raffinata dei ristoranti e
delle agenzie turistiche. Fatico a trovare da dormire, alla fine combino in una
specie di ostello dove mi estorcono 30 dollari per una camera con un bagno a
fianco che avrebbe dovuto essere solo di pertinenza sua e invece era di
pertinenza di tutto il mondo ma ormai è quasi sera e non ci sono alternative, ci
si tappa il naso, si va a cena e poi a dormire. Sembra ridicolo ma l’attrazione
principale dei dintorni è un deserto, in effetti non ci sarebbe solo quello ma
evidentemente la natura ha gratificato questo strano lembo di terra con
svariate attrazioni naturali tipo geyser, vulcani, laghi e laghetti che sono meta
di ogni tipo di escursioni, il famoso deserto di Atacama è ad una cinquantina
di km verso sud ma la strada poi si perde nel nulla e si deve ritornare
indietro. Naturalmente nei trenta dollari della camera non è compresa la
colazione, per un caffè con un paio di
fette di pane mal tostate e un succo di arancia in una caffetteria sulla strada
se ne vanno altri dieci dollari ma soprattutto non aiutano a far partire bene
la giornata, sarà una cosa , sarà un’altra, saranno tutte insieme ma lo stato
d’animo non è alle stelle, dopo alcuni km comincio a chiedermi se veramente
vale la pena di sciropparsi altri cento km di deserto per andare a vedere un
altro deserto dopo che sto viaggiando in mezzo al deserto da non so quanti giorni, la risposta arriva
presto, rallento giro la moto e ritorno indietro, attraverso il villaggio,
saluto tutti, si fa per dire…, e riprendo il mio cammino verso quella
Panamericana che va verso sud. Dopo cinque mesi di viaggio e circa
ventisettemila km la motoretta comincia a dare qualche timido segnale di
stanchezza, le luci anabbaglianti ogni tanto mi mollano e anche gli abbaglianti
per non essere da meno si adeguano ma soprattutto sono agli sgoccioli con le
gomme, l’anteriore è ormai alla fine e anche alla posteriore manca poco, la
città degna di tale nome più a portata di mano è Antofagasta, la raggiungo
verso ora di pranzo, all’apertura devo girare avanti e indietro per quasi due
ore e lo spacciatore di pneumatici che mi hanno consigliato e che dovrebbe
avere tutto ha solo un anteriore di un modello non pervenuto, mi farebbe anche
un buon prezzo ma controllo la data di produzione stampigliata sul fianco è di
dieci anni fa il che vuol dire che potrebbe andare bene giusto come parabordo
per una zattera ma di montarla su un cerchio e correrci sopra non è il caso,
declino l’offertona e mi rimetto in sella, la prossima opzione sarebbe La
Serena, altri ottocento km se non mi esplode il copertone prima, comunque sono
le quattro del pomeriggio e quindi per oggi non se ne parla, come tappa
intermedia scelgo Taltal, sulla carta è un puntino sulla costa del Pacifico a
circa 150 km da dove mi trovo ma in realtà non ho idea di cosa mi aspetti, esco
da Antofagasta, prendo una strada secondaria che porta verso la costa e nella
solitudine più assoluta raggiungo il mare, nelle tre ore che impiego per
arrivare incrocio ben due macchine e un pullman, per il resto solo il vapore
del mare che arriva con il vento del pomeriggio. Taltal è carina, una piccola
località balneare che sembra essersi fermata agli anni trenta, e meriterebbe forse un giorno di sosta ma
domani è venerdì e se non cambio la gomma domani devo aspettare fino a lunedì e
non credo che il luogo offra svaghi degni di una sosta così lunga. Forse per
simpatia forse per altri motivi ma ai segni di usura della moto cominciano ad
aggiungersi anche altri segni di usura più personalizzati. Già da ieri convivo
poco felicemente con un paio di ulcere che si sono presentate in bocca,
normalmente non sono particolarmente fastidiose ma mangiare una mollica di pane
diventa come masticare una lametta da barba, comunque mi spiego facilmente con
la farmacista di turno e inizia l’esperimento con la pomata cilena, domani
continua la caccia ai pneumatici.