domenica 1 luglio 2012

ancora dakar

verso atacama...

intorno ad atacama...

Dal momento in cui abbiamo cominciato a rilassarci dopo aver recuperato un tetto per la notte Byron e Roelof hanno cambiato almeno tre o quattro programmi per il giorno successivo, sveglia nella notte per ripartire verso nord ed andare a vedere l’arrivo della tappa successiva, sveglia un po’ più tardi per andare a vedere la partenza e forse anche l’arrivo, sveglia a caso per una giornata senza programmi molto definiti ma sempre con l’idea di seguire la gara. Alla fine facciamo colazione insieme verso le otto e mezza, l’ultima decisione è di partire prima di quanto previsto nell’ultimo programma ma ieri sera si erano accordati con una cameriera dell’hotel per un lavaggio di biancheria che ovviamente non è ancora completato, mentre cercano di spiegare alla fanciulla incredula che la roba se la portano via bagnata in un sacco e non serve asciugarla e stirarla io mi carico la moto, saluto e parto. Esco dalla città scortato dai camion dell’organizzazione, la strada segue un paio di tornanti per risalire sull’altopiano che la spalleggia poi parte dritta come un fuso in mezzo al deserto per arrivare ad incrociare la solita Panamericana che va verso sud… oppure nord a seconda di quello che serve… Pochi km fuori dalla città c’è fermento, i piloti sono già partiti e stanno per incrociare la strada principale prima di perdersi nel deserto verso nord, mi fermo  e aspetto il passaggio sorridendo ma anche un po’ dispiaciuto per Byron e Roelof che sono in albergo a lottare con la cameriera per le loro mutande bagnate mentre comodocomodo aspetto che la gara mi passi davanti al naso. La targa italiana della moto intanto fa un’altra vittima, si avvicina Annalisa di Livorno che adesso non è più di Livorno ma è di Vina del Mar che è vicino a Valparaíso detto Valpo che è vicino a Santiago che è a metà del Cile e ne è la capitale e Annalisa è di Vina del Mar perché ci ha sposato un ufficiale della Marina cilena e ci ha fatto un paio di figli. Si chiacchiera del più e del meno meno che del passato militare del Cile che ovviamente, essendo suo marito appunto un militare, è argomento tabù, anzi diciamo che è un intervallo di tempo che non viene contemplato dalla storia, una forma di revisionismo un po’ personalizzata … Comunque fra una chiacchiera e l’altra passa qualche pilota, i figli di Annalisa cominciano ad annoiarsi e io anche per cui ci ripromettiamo di rivederci a Valparaíso e ci salutiamo, loro non so dove vanno invece io vado verso S. Pedro de Atacama, raggiungo la Panamericana, che per me va verso sud, e accompagnato ormai solo dai pick up rossi delle compagnie minerarie mi ributto fra le sabbie e le pietraie del deserto cileno. S. Pedro è quasi sotto le Ande, dopo qualche cento km lascio la Panamericana e punto verso est , il panorama non cambia, deserto e ancora deserto, ogni tanto qualche curva per superare qualche increspatura del terreno spezza la monotonia di rettilinei che arrivano fino a cento km di lunghezza. Di tanto in tanto un cartello con un numero o con il nome di una concessione segnala una diramazione, dal nastro di asfalto parte una strada sterrata che si perde chissà dove  verso le montagne,  poco prima di S. Pedro entro e percorro un vallone segnato da due creste di rocce rosse che emergono dal terreno e sembrano  le schiene di due enormi aragoste cucinate e seminsabbiate. Il villaggio da alcuni anni è molto gettonato dagli amanti del trekking e delle escursioni  e questo non fa bene né ai prezzi né alla sua primitiva atmosfera diciamo così…rurale…! La via centrale è lastricata ma tutto intorno le strade sono di sabbia e stridono con l’immagine ricercata e a volte quasi raffinata dei ristoranti e delle agenzie turistiche. Fatico a trovare da dormire, alla fine combino in una specie di ostello dove mi estorcono 30 dollari per una camera con un bagno a fianco che avrebbe dovuto essere solo di pertinenza sua e invece era di pertinenza di tutto il mondo ma ormai è quasi sera e non ci sono alternative, ci si tappa il naso, si va a cena e poi a dormire. Sembra ridicolo ma l’attrazione principale dei dintorni è un deserto, in effetti non ci sarebbe solo quello ma evidentemente la natura ha gratificato questo strano lembo di terra con svariate attrazioni naturali tipo geyser, vulcani, laghi e laghetti che sono meta di ogni tipo di escursioni, il famoso deserto di Atacama è ad una cinquantina di km verso sud ma la strada poi si perde nel nulla e si deve ritornare indietro. Naturalmente nei trenta dollari della camera non è compresa la colazione, per  un caffè con un paio di fette di pane mal tostate e un succo di arancia in una caffetteria sulla strada se ne vanno altri dieci dollari ma soprattutto non aiutano a far partire bene la giornata, sarà una cosa , sarà un’altra, saranno tutte insieme ma lo stato d’animo non è alle stelle, dopo alcuni km comincio a chiedermi se veramente vale la pena di sciropparsi altri cento km di deserto per andare a vedere un altro deserto dopo che sto viaggiando in mezzo al deserto  da non so quanti giorni, la risposta arriva presto, rallento giro la moto e ritorno indietro, attraverso il villaggio, saluto tutti, si fa per dire…, e riprendo il mio cammino verso quella Panamericana che va verso sud. Dopo cinque mesi di viaggio e circa ventisettemila km la motoretta comincia a dare qualche timido segnale di stanchezza, le luci anabbaglianti ogni tanto mi mollano e anche gli abbaglianti per non essere da meno si adeguano ma soprattutto sono agli sgoccioli con le gomme, l’anteriore è ormai alla fine e anche alla posteriore manca poco, la città degna di tale nome più a portata di mano è Antofagasta, la raggiungo verso ora di pranzo, all’apertura devo girare avanti e indietro per quasi due ore e lo spacciatore di pneumatici che mi hanno consigliato e che dovrebbe avere tutto ha solo un anteriore di un modello non pervenuto, mi farebbe anche un buon prezzo ma controllo la data di produzione stampigliata sul fianco è di dieci anni fa il che vuol dire che potrebbe andare bene giusto come parabordo per una zattera ma di montarla su un cerchio e correrci sopra non è il caso, declino l’offertona e mi rimetto in sella, la prossima opzione sarebbe La Serena, altri ottocento km se non mi esplode il copertone prima, comunque sono le quattro del pomeriggio e quindi per oggi non se ne parla, come tappa intermedia scelgo Taltal, sulla carta è un puntino sulla costa del Pacifico a circa 150 km da dove mi trovo ma in realtà non ho idea di cosa mi aspetti, esco da Antofagasta, prendo una strada secondaria che porta verso la costa e nella solitudine più assoluta raggiungo il mare, nelle tre ore che impiego per arrivare incrocio ben due macchine e un pullman, per il resto solo il vapore del mare che arriva con il vento del pomeriggio. Taltal è carina, una piccola località balneare che sembra essersi fermata agli anni trenta,  e meriterebbe forse un giorno di sosta ma domani è venerdì e se non cambio la gomma domani devo aspettare fino a lunedì e non credo che il luogo offra svaghi degni di una sosta così lunga. Forse per simpatia forse per altri motivi ma ai segni di usura della moto cominciano ad aggiungersi anche altri segni di usura più personalizzati. Già da ieri convivo poco felicemente con un paio di ulcere che si sono presentate in bocca, normalmente non sono particolarmente fastidiose ma mangiare una mollica di pane diventa come masticare una lametta da barba, comunque mi spiego facilmente con la farmacista di turno e inizia l’esperimento con la pomata cilena, domani continua la caccia ai pneumatici.