Alle otto e mezza sono già di fronte alla concessionaria di
Mendoza, la cosa che ovviamente mi preme di più e la faccenda delle luci e dopo
tanti km anche una registratina alle valvole non ci starebbe male, l’ultima
volta è stato non ricordo quanti km fa in Costa Rica, teoricamente per la registratina potrei anche arrangiarmi da solo
così come per il cambio dell’olio ma la faccenda luci mi trova più impreparato
e per quella un meccanico qualsiasi potrebbe andare ma voglio fidarmi del
livello qualitativo ( vero o presunto…) della scuola BMW per cui scelgo di
delegare tutto all’officina. Il responsabile dell’accettazione arriva verso le
nove, gli spiego la situazione e a metà mattinata la motoretta va sotto i
ferri, il cambio dell’olio viaggia spedito, il meccanico è giovane e simpatico
ma con scarsa dimestichezza dei modelli datati come il mio per cui non si fida
di azzardare la registratina alle valvole e rinuncia, alla faccia della scuola
BMW…, dopo una mezzora di battibecco soft e grazie all’ intercessione del
giovane meccanico ma contro la regola della casa madre che il boss
dell’officina cerca di impormi riesco a intrufolarmi e insieme al meccanico
affrontiamo di petto la questione delle luci. Passiamo un’oretta a strapazzare
i cavi dell’impianto elettrico per cercare di capire cosadove e come sia successo che l’impianto elettrico
stia vivendo questo glorioso momento di anarchica ribellione ma alla fine
nonsisacome tocco il filo giusto, le lampadine si accendono come nemmeno in via
Montenapoleone sotto Natale e con il
meccanico ci guardiamo e ci illuminiamo. Siamo nei pressi del fanale, lo
apriamo e un bastardissimo filo nero di massa ( la spiegazione del concetto di
massa ve lo risparmio…) naviga nel vuoto andando a cozzare ovunque ubriacando
l’impianto elettrico, ristabiliamo il contatto e come per magia tutto risponde
ai giusti comandi, il problema è risolto, la meta è un po’ più vicina, per la
verità è esattamente dove si trovava ieri sera ma la rinnovata fiducia nel
mezzo meccanico e soprattutto il fatto di non dover più fare le ormai solite
sceneggiate con ogni pattuglia di poliziotti che incontro mi fanno sembrare gli
ultimi km più corti. Già…, saranno anche più corti ma sempre circa tremila sono
e tremila non sarebbero poi un disastro se non contiamo i 28.000 che ho messo
alle spalle. Se non fossi ad uno sputo ( lunghetto…) dalla fine probabilmente
non ci farei caso, ma il peso di quello che c’è dietro comincia a farsi
sentire, manca un pezzo di Argentina, poi tutta la Patagonia, poi la Terra del
Fuoco. Penso ad un paio di tappe veloci per rallentare verso la fine. Fino ad
ora non ho mai pensato alla meta, ma dopo una ventina di confini sono
nell’ultima nazione, per arrivare ad
Ushuaia dovrò rientrare in Cile e poi di nuovo in Argentina, ma non ci saranno
più nuove terre né dogane sconosciute, solo qualche migliaio di km di cui una
valanga da percorrere sullo sterrato. Domani cominciamo ad affrontare la
leggendaria “ Ruta 40” che con la “Ruta 3” infilano l’Argentina da Nord a Sud,
la “tres” segue l’oceano Atlantico ed ormai è completamente pavimentata, la
“quarenta” corre a ridosso delle Ande e le mancano parecchie centinaia di km
che la “Presidenta” Kirchner, patagone
di nascita, sta lentamente completando.
Per pochi anni ancora la si può percorrere assaggiando la stessa polvere
dei pionieri dell’ottocento, poi non sarà più la stessa cosa. Al mattino lascio
dunque Mendoza, incrocio un paio di villaggi, dopo un centinaio di km ne arriva
un altro, si viaggia tranquilli su uno stradone in mezzo alle campagne, un paio
di semafori mi fanno rallentare, scalando le marce sento che il pedale non
risponde come dovrebbe, l’innesto è ritardato e incerto, arrivando allo stop
non ritrovo più la folle, un sudore freddo e tagliente come un coltello da
sushi parte inesorabile dall’ultima vertebra e risale in un lampo fino al cervello
circumnavigando lo stomaco, il verdetto è semplice : si è rotto il cambio! Un
vortice di proporzioni bibliche rimescola sensazioni, pensieri, maledizioni e
litanie varie fino a quando freno e fermo la moto, butto l’occhio in direzione
dello stivale sinistro e vedo la leva del cambio che penzola sotto il motore
appesa all’asta del rinvio, dalla notte più nera che si può immaginare passo al
sole dei caraibi in un giorno di sole, forse il danno non è grave, lavorando
sul rinvio riesco ad infilarci una prima marcia, riparto e mi butto su una
laterale, scendo e controllo bene, è saltata la saldatura che fissa la lamiera
della leva alla boccola del supporto che fa da perno ( spero mi siate grati se
anche qui non insisto sulla descrizione), entro nel negozio di elettrodomestici
di fronte e chiedo di qualcuno che fa saldature nei paraggi, già che ci sono
compro un adattatore di corrente visto che gli argentini hanno deciso di
dotarsi di prese a lame oblique che dubito esistano altrove, comunque a
cinquanta metri c’è uno che ripara marmitte. Sempre in prima supero un cancello piuttosto malandato,
attraverso un cortile che ricorda molto una discarica, arrivo sotto una tettoia
tenuta in piedi da qualche secolo di ruggine e trovo un simpaticone che ha
vissuto una decina di anni a New York e non vedeva l’ora di sfoggiare il suo
inglese davanti agli amici, smonto la leva, molto pomposamente la guarda e la
passa con le spiegazioni del caso al subordinato che altrettanto pomposamente
dà due punti di saldatura, me la ritorna, i due punti sembrano un grappolo di
carbone ma non fa niente, rimonto il pezzo, chiedo quanto devo e rimedio una
solenne pacca sulla spalla di buon viaggio, rispondo regalando una foto delle
Torri Gemelle che ho con me, solenne stretta di mano, tutto a posto, metto in
moto e riparto, anche stavolta è andata…!