Su consiglio della guida la gita comincia di buon ora, anzi,
per quanto mi riguarda a notte fonda …sveglia alle 5.45 e prima delle sette
siamo già in coda per il bus. Machu Picchu è adagiato su una selletta a cinquecento
metri di dislivello da Aguas Calientes, alcuni temerari scelgono di farsela a
piedi ma ai primi venti minuti di piano seguono una decina di tornanti
piuttosto arrabbiati che scalano la costa della montagna e suggeriscono di
investire qualche dollaro e sfruttare la tecnologia. Si dice che solo Machu
Picchu valga un viaggio in Sudamerica e probabilmente è così, la città nascosta
degli Inca è appoggiata su un promontorio di terra sorretto da pareti a
strapiombo che si elevano per centinaia di metri dal fondovalle, tutto intorno una
cornice di montagne che superano i tremila metri. Non c’è dubbio che i
sacerdoti che scelsero questo posto per
costruire quello che, a dire della guida, avrebbe potuto essere una
città chiusa religiosa, sapevano il fatto loro. Il segreto sull’esistenza di
questo sito rimase tale fino ad esattamente un secolo fa quando l’esploratore
statunitense Hiram Bingham, che in realtà cercava un’ altra cosa(!), venne
accompagnato da due indigeni Quechua che gli fecero conoscere quelle rovine che
erano riuscite a rimanere nascoste perfino all’avidità degli spagnoli, non che
gli americani poi siano stati da meno , dopo la scoperta Bingham impacchettò
per bene tutto quello che era stato trovato durante gli scavi e spedì il tutto
all’università di Yale per approfondire studi e ricerche, secondo le promesse
dopo diciotto mesi tutto il materiale avrebbe dovuto ritornare a casa ma il
termine è scaduto appunto da circa un centinaio di anni, la roba non torna ed
ai peruviani stanno cominciando giustamente a girare le palle… Alcuni molestatori
sostengono che una certa mia passione per la precisione a volte trascenda…tanto
per non smentirmi faccio notare alla guida che probabilmente la sua pronuncia
del nome di Bingham non è corretta. Hiram, e non Hairam come sosteneva lui…, e
non ho dubbi che tutti voi sappiate che
stiamo parlando dell’architetto che costruì il tempio di Re Salomone, è
evidentemente un nome biblico e non inglese, quindi andrebbe pronunciato così
come scritto e non appunto all’inglese. Non so se a causa dello spagnolo
stretto che ha usato o per una certa confusione di idee (sue…)fatto sta che
dopo una veloce replica lui ha continuato a chiamarlo “Hairam” e io a
continuare a pensare che sbagliasse ma non ci siamo rovinati certo la giornata
per quello! La visita guidata dura un paio di ore, alla fine rimane giusto il
tempo per qualche decina di minuti di relax godendosi la vista cercando di
ignorare qualche centinaio di turisti che affollano i camminamenti e il cielo
comincia a chiudersi, l’insperata finestra di bel tempo che ci ha assistito per
tutta la mattinata lascia posto ad una specie di diluvio, i ragazzi colombiani
che avevano deciso di affrontare la discesa a piedi rientrano all’ostello
bagnati come alghe, nell’oretta a disposizione riusciamo a farci avvelenare in
uno dei tanti pessimi ristorantini di Aguas Calientes prima di riprendere il
trenino per Ollantaytambo. Ricordate la poco piacevole avventura con il fottuto
poliziotto bastardo peruviano di qualche giorno fa? Ebbene chiacchierando del
più e del meno salta fuori che i ragazzi, separatamente e a distanza di poche
ore da me, sono stati fermati e taglieggiati alla stessa maniera, nello stesso
posto e presumibilmente dallo stesso indegno gendarme corrotto che aveva
incrociato la mia strada. Non che la cosa sia di grande consolazione, ma sapere
che nemmeno la loro conoscenza degli usi e della lingua locale li ha esentati
dalla squallida gabella ebbene…confesso che qualcosa ha aiutato. Baci e
abbracci e scambi di indirizzi poi i ragazzi riprendono le loro motorette e
tornano a Cusco, io mi fermo a dormire dal gringo che mi ha custodito la moto. Domani si riparte.
KB, che messe così sono due lettere dell’alfabeto e basta ma sarebbero anche il
soprannome del gringo dell’ostello, mi consiglia un paio di stop interessanti
sulla strada per Puno ma la deviazione non è segnata e ci arrivo lungo quindi rinuncio
e tiro via dritto, passo Urubamba e comincio a salire per uscire dalla valle,
un primo passo a 4.000 metri prima di avvistare e scendere per oltrepassare
Cusco, poi la strada risale fino a trovare un’ secondo altipiano. Per qualche
centinaia di km la strada corre lungo un ampio fondovalle a 4300 mt di
altitudine, la temperatura si abbassa in modo scandaloso, poche centinaia di
metri sopra di me comincia la neve ma in alcuni passaggi me la ritrovo perfino
a bordo strada. Raramente incrocio altri veicoli, di tanto in tanto una
macchina si ferma a bordo strada, ne scendono un paio di indigeni che prendendo
una stradina secondaria in pochi minuti scompaiono dalla vista, in lontananza vedo
passare il trenino che collega Cusco con Puno ma la vista dura pochi minuti e questo
non fa che accentuare il senso di solitudine. Ci saranno si e no una decina di
gradi, a metà di un lungo rettilineo una casa isolata ha la porta aperta e si
intravedono scaffali con alcuni generi che potrebbero essere di conforto, mi
fermo ma una rudimentale inferriata sbarra il passaggio e impedisce di entrare,
lancio una voce ma senza esito, alle mie spalle si materializza una figura di
donna alta forse un metro e mezzo, due gambette storte da cowboy escono da una
gonna tipo mongolfiera nera con fascia colorata ricamata sul bordo, una sgargiante
giacchetta attillata di lana e un cappellino a bombetta di almeno cinque misure
troppo piccolo appoggiato sulla sommità dell’acconciatura completano
l’abbigliamento, senza né una parola né un fiato raccoglie un sasso da terra e
comincia a batterlo sull’inferriata, alcuni istanti e un’altra donna che
potrebbe essere la sua fotocopia appare
in mezzo agli scaffali e ci fa entrare, poche parole di una lingua che arriva
probabilmente da un’altra galassia accompagnano la loro contrattazione poi
tocca a me ma recupero solo un paio di scatole di biscotti, di un caffè o di un
thè non se ne parla, confortato dunque solo da un po’ di zuccheri riprendo freddolosamente
la strada e arrivo finalmente a Puno, disordinatamente adagiata sulla riva
peruviana del lago Titicaca che con i suoi circa 3800 mt di altitudine si vanta
di essere il lago navigabile più alto al mondo. Di fronte, sull’altra sponda,
la Bolivia, poche centinaia di km verso sud il Cile e l’Argentina. Anche il
Perù sta finendo, ma domani c’è tempo per un escursione sul lago e una visita
alle isole galleggianti degli Uros che da secoli vivono separati dal mondo
insieme ai loro reumatismi ed alle loro barche di paglia e da pochi anni anche
da mini televisori e da maxi parabole. Anche qui le telenovelas non risparmiano
nessuno!