giovedì 29 marzo 2012

Su consiglio di Clara salto il museo di Chan Chan e di strada mi fermo a visitare la Huaca Sol y Luna. Da lontano sembrano due collinette di sabbia invece circa duemila anni fa erano i punti di riferimento istituzionali, religioso e politico, della cultura Moche. La sabbia nei secoli ha seppellito le due piramidi, la prima è troppo malandata e non è visitabile ma nella seconda gli archeologi stanno ancora scavando per riportare alla luce il tempio primario che nel tempo è stato inglobato dai successivi. Regolarmente ogni  80/100 anni, c’è chi dice per certificare al popolo il proprio potere, c’è chi dice per rilanciare l’economia, il tempio veniva ampliato riempiendo i vuoti del precedente con mattonelle di fango essiccato e nuove mura inglobavano quelle più antiche con nuovi volumi di maggiori dimensioni. I nuclei familiari fornivano, in base alle proprie possibilità, un certo numero di mattonelle al cantiere e avevano il diritto di contrassegnarle con un simbolo che lo identificava. Dall’interpretazione degli spettacolari altorilievi in fango essiccato ancora ricoperto dai colori originali riesumati sulle pareti del tempio più antico si è potuto conoscere e studiare come quel popolo vivesse, in quali dei credesse, contro chi combattesse e come sacrificasse i nemici vinti, non c’è traccia però del fatto che venissero pagati i fornitori di mattonelle il che fa cadere l’ipotesi del rilancio dell’economia rinforzando quella dell’autocelebrazione  della classe dirigente la qual cosa, vista così, assomiglia fin troppo alla cronaca di oggi. All’una del pomeriggio mi rimetto in marcia. La strada corre in mezzo alla sabbia lungo la costa del Pacifico, la giornata è afosa, il cielo è grigio di umidità e una densa nebbiolina appanna la linea dell’orizzonte, a poche centinaia di metri dalla costa le cime più alte di alcune piccole isole spuntano dalla foschia come fossero sospese sul mare. Ogni tanto la strada curva per girare intorno a qualche duna o sale di qualche centinaia di metri  per scavalcarla, nel pomeriggio, come ogni giorno, dal mare comincia a salire il vento, la temperatura si abbassa subito e comincia a fare quasi freddo ma l’orizzonte si fa più nitido, i colori del mare si accentuano e la schiuma delle onde imbianca le spiagge per chilometri. Deserto di nome e di fatto, sul mare non si vede una barca ma nemmeno sulla terraferma si vede qualcosa  che ricordi una parvenza di vita, seguo il nastro di asfalto pitturato sulla sabbia incrociando pochi camion e un paio di macchine, la suggestione è tale che quasi si trasforma in ansia. Dopo 280 km arrivo a Huermey, speravo in un bel villaggetto sul mare invece mi ritrovo le solite quattro botteghe srotolate lungo la Panamericana, una strada perpendicolare porta fino alla piazzetta principale, un paio di viuzze secondarie e la cosa finisce lì, il mare è a qualche km nascosto dalle dune quindi è inutile, sono le 17.30, per il prossimo centro abitato mancano almeno  100 km per cui mi trovo una locanda e domani si va a cercare qualcosa di più stimolante. La mattinata si preannuncia subito assolata e calda, punto ad arrivare solo fino a Barranca, un centinaio di km per poi fermarmi  una mezza giornata, la scenografia è la stessa del giorno precedente, asfalto,  sabbia, ogni tanto l’Oceano Pacifico che accompagna sulla destra la mia corsa solitaria. Fino ad oggi si viaggia gratis ma il Governo sta attrezzando dei caselli per il pagamento dei pedaggi, al momento sono praticamente  terminati ma ancora non operativi, ciononostante ci sono dei rallentatori prima e dopo le barriere che ti costringono a diminuire la velocità, a pochi km da Barranca ne supero uno scambiando uno sguardo con un annoiato poliziotto che passeggia davanti all’edificio degli uffici. Una decina di km dopo, mentre sto guidando  rintronato e semiaddormentato dalla monotonia della strada un colpo di sirena mi fa sobbalzare. Il muso di una macchina della polizia riempie tutto lo specchietto retrovisore, accosto, scendo e comincia la commedia . L’agente è al telefono con il suo capo secondo il quale sarei stato ripreso da una telecamera mentre superavo il casello a circa sessanta kmh contro un limite di velocità di trenta, a suo dire la targa corrisponde ecc. ecc. Tento di far capire al personaggio in divisa che se avessi affrontato i rallentatori a quella velocità con quel carico probabilmente sarei ancora in giro per il piazzale a raccogliere i pezzi della mia moto ma naturalmente è inutile. Mi prende la patente e mettendosela in tasca mi comunica che per riaverla dovrò passare per l’ambasciata dopo aver pagato la sanzione che naturalmente sarà molto salata. L’agente con cui sto parlando fa un po’ il duro ma al tempo stesso è troppo gentile e mentre stiamo parlando l’altro si mette in disparte e fa finta di controllare l’olio della macchina distogliendo lo sguardo, che in mezzo al deserto non  è l’approccio ideale con uno sconosciuto fermato da cinque minuti, gli elementi per sospettare un pacco ci sono tutti ed infatti puntuale arriva la proposta che aspettavo, in cambio di qualcosa si può parlare con il capo e sistemare la faccenda. Ci mettiamo d’accordo sul qualcosa e qualche decina di dollari passano dalle mie alle sue tasche. Lasciandoci mi augura buona giornata ma faccio presente che dopo essere stati derubati sulla strada non può essere certo una buona giornata. Dallo sguardo di risposta intuisco che ci rimane un po’ male, probabilmente non sono abituati ad atteggiamenti di scontro così diretto ma dubito di averlo messo in crisi con la sua coscienza e sono più propenso a credere  che in pochi minuti sarà tornato sulla strada a caccia di finanziatori sereno come prima. Tutt’altro che sereno è invece il mio stato d’animo, il fastidio per le poche decine di dollari passa presto, non passa invece il disagio per l’affronto ma soprattutto per il senso di solitudine che ti assale quando ti ritrovi in un territorio non sempre facile,  a migliaia di km dal tuo ambiente e devi difenderti da chi dovrebbe essere il tuo punto di riferimento in caso di necessità. Salto Barranca, la città non ha nulla da offrire e non è particolarmente sicura, allungo di qualche km sperando che la terapia della guida aiuti a superare lo stato d’animo negativo e arrivo a Huacho che è una fotocopia ingrandita di Huermey, brutta e squallida, è ancora presto ma sono giorni di festa e temo di avere difficoltà per trovare da dormire infatti devo girare tre o quattro alberghi prima di trovare una stanza, quando ne combino una me la fanno pagare doppia a prezzo pieno anche se sono solo, evidentemente non è giornata, speriamo  domani vada un po’ meglio!