sabato 10 marzo 2012

prima delle montagne

qua si vede qualcosa

tutti hanno diritto ad una birretta al bar ogni tanto

cuenca

domenica in famiglia

domenica 4 marzo 2012

 l'equatore sbagliato...

...e quello giusto!

verso Latacunga....

...Latacunga!
È tempo di lasciare Otavalo,  passo a salutare Cesar  che sta aprendo la sua bottega di strumenti musicali e di prodotti artigianali e prendo la strada per Quito, la Panamericana è larga e scorrevole, giusto un paio di cantieri sulla salita che supera una cresta di montagne a 3000 metri e in un oretta e mezza percorro i 120 km che mancavano per arrivare alla capitale. Lasciando la Colombia qualche giorno fa avevo cominciato a perdere olio da uno degli steli della forcella, probabilmente il fango nel quale avevo poco felicemente sguazzato per arrivare a Popayan aveva lavorato sul paraolio che ha cominciato a perdere. Il problema non è da non dormirci la notte ma ovviamente non posso viaggiare caricando tutto il lavoro su metà forcella e nemmeno continuare a farmi annaffiare di olio moto, pantalone e stivale sinistro per il resto del viaggio. La forcella non è originale perché è stata sostituita con una più robusta quindi non posso sperare in un ricambio BMW ma non dovrebbe essere difficile recuperare il pezzo. Arrivando a Quito trovo subito la concessionaria, è chiaro che non hanno il pezzo ma invece di tentare di procurarlo e poi fare il lavoro mi scaricano indicandomi un importatore di moto  europee di cui avevo già notizia. Trovo l’importatore e trovo anche il paraolio che costa la bellezza di 35 dollari ovvero almeno cinque volte il suo prezzo in Italia, mi chiedo e gli chiedo se  per caso abbia intenzione di rinnovare l’arredamento dei locali a mie spese ma la battuta non lo smuove di un centesimo, per altri 45 usd potrebbe anche farmi il lavoro ma tutta la situazione non mi dà molta fiducia per cui decido di prendere tempo, gli pago il pezzo al quale aggiunge anche delle fantomatiche tasse e mandandolo silenziosamente, ma non tanto, a farsi fottere vado a caccia di un meccanico un po’ più onesto.  Quito ha un milione e mezzo di abitanti quindi non è quel che si dice un villaggetto, approfittando dei rossi ai semafori interpello un paio di motociclisti che mi consigliano calorosamente la Clinica de Motos, adesso però bisogna trovarla e non è facile capire né tantomeno seguire le indicazioni borbottate in spagnolo dentro un casco e ascoltate dentro un altro casco con qualche decina di macchine impazienti che ti martellano i timpani, e non solo quelli,  con il clacson. Fra un indicazione e l’altra  e sfuggendo alla sirena di una macchina della polizia che probabilmente non era d’accordo su una mia inversione di marcia su una corsia preferenziale trovo finalmente la famosa clinica che però non è quella famosa ma è quella del padre di quella famosa, ancora un po’ di giri finché approdo nel posto giusto. Mi ritrovo in un capannone con almeno un centinaio di moto di tutte le taglie comprese quelle della scorta del presidente della repubblica, il colpo d’occhio e due chiacchere con uno dei ragazzi e gli affido il lavoro, mollo tutto e in taxi vedo a cercarmi un albergo. La sera mi ritrovo a cena con Nate e con la sua fidanzata Jackie ma durante la notte nonostante la temperatura equatoriale, e qui lo possiamo proprio dire…,comincio a sentire degli strani brividi. La notte non passa serena e il mattino non mi trova affatto in forma, non ho un termometro ma  viaggio sicuramente sui trentotto gradi di febbre, da altri fattori dei quali evito la descrizione giungo alla conclusione che mi sono beccato un virus intestinale, la giornata passa squallidamente a letto e si conclude con un altrettanto squallido petto di pollo con riso in bianco che riesco a farmi recapitare all’ostello. La notte è una fotocopia della precedente e il giorno successivo pure, febbre alta  con tutti i suoi corollari e i soliti disturbi intestinali, riesco a telefonare in officina e la moto è pronta, gli spiego le mie condizioni e me la tengono ancora senza problemi ma poi da dopodomani scatta il we e si finirebbe alla prossima settimana, mi imbottisco di porcherie chimiche e mi faccio il solito petto di pollo ancora più triste di quello di ieri, poi a letto. Al mattino la febbre è passata ma le mie viscere continuano ad aver bisogno di un tagliando e di montare in sella non se ne parla. Richiamo l’officina e ho tempo anche domani mattina per ritirare la moto, un’altra giornata di riposo e finalmente la sera riesco a raggiungere il ristorante in fondo alla via per una cena decente. Al mattino le questioni intestinali sono tutt’altro che risolte ma mi sento abbastanza in forze per continuare, ritiro la moto e mi concedo perfino una visita al monumento che è stato eretto dove nel 1700 sono state fatte le prime  misurazioni scientifiche ed ufficiali per definire l’esatta ubicazione della linea equatoriale, poi qualche decennio dopo si sono accorti che la linea passava tre km più in là ma ormai il monumento era fatto , spostare l’equatore non era semplicissimo per cui le cose sono rimaste così e per i turisti va bene lo stesso.Sull’onda dell’entusiasmo per la strada ritrovata e nonostante il mal di stomaco attraverso Quito, e ci metto ben un ora, e riprendo la Panamericana verso sud. Il paesaggio sta cambiando, non ci sono più i colori brillanti della Colombia e del nord ma il verde comincia ad essere cupo, quasi opaco. Quando la strada seziona le colline sotto il manto superficiale si scopre una terra grigia, sabbiosa, in superficie grandi appezzamenti erbosi sono delimitati da alti filari di abeti che di tanto in tanto si allargano a formare piccole boscaglie. Nel pomeriggio, percorsi 150 km arrivo a Latacunga, una caratteristica piccola città coloniale che fa da tappa intermedia, domani  si va a Cuenca.