sabato 31 dicembre 2011

indovinate...


Costa Rica verso Panama


e se dico che piove ...piove!


Costa Rica

Da S.Jorge al confine con il Costa Rica ci sono solo una quarantina di km, per uscire dal Nicaragua c'è una sfilza di timbri avanti e indietro per gli uffici, mi si appiccica dietro un ragazzino e alla fine gli allungo un pò di spiccioli se non altro per la costanza che ha dimostrato. Il confine è il solito inferno di gente che va avanti e indietro, di gente che sta ferma, di gente che vende, che compra, che mangia, che beve, che fa code e il tutto in un pantano indescrivibile. Un pò di coda all'immigrazione per entrare in Costa Rica poi il solito permesso di importazione per la moto in dogana, quando ho finito trovo Jarozlaw, e se vi ricordate dalle prime puntate la teoria delle jzw nei nomi avete già capito che è polacco, infatti è polacco ma da sette anni vive negli States dove fa qualcosa tipo il grafico pubblicitario, anzi faceva perchè, nonostante abbia molto meno di cinquant'anni e quindi ancora non in età critica, ha mollato tutto e anche lui si è preso qualche mese di pausa dalla solita vita, forse anche un pò più di qualche mese..., e sta andando verso il Sudamerica. Lo accompagno negli ultimi uffici che già conosco poi ci mettiamo in strada assieme verso S. Josè, la capitale. Dopo un centinaio di km ci fermiamo a mangiare, anche lui ha incontrato altra gente che sta scendendo, fra l'altro pare che Andrè, lo svizzero che avevo conosciuto partendo da Antigua in Guatemala abbia avuto un probleme con un cane randagio nel Salvador e abbia fatto un pò di danni alla moto ma forse riesce a rimettersi in strada. Ripartiamo e mi metto davanti io, un pò di traffico, qualche cantiere e qualche coda poi comincia a piovere, prima di fermarmi per cambiarmi aspetto di vedere come gira il tempo che  gira decisamente male, il cielo è sempre più nero e la pioggia diventa un acquazzone tropicale, gli scoli a fianco della strada sono dei veri e propri fiumi di acqua e fango, quando mi fermo Jarozlaw non c'è più, probabilmente si è fermato prima, mi cambio, aspetto una ventina di minuti poi riparto. Per S. Josè prendo la strada vecchia delle montagne, nonostante non smetta di piovere i panorami sono più interessanti e quasi non c'è traffico, infatti era stata chiusa per frane fino a ieri. La pioggia non molla fino a quando arrivo la sera in città. E' tempo di fare un pò di manutenzione quindi approfitto della concessionaria locale per farmi dare un'occhiata alle valvole e alla carburazione, mentre aspetto conosco il presidente del motoclub BMW del Costa Rica, quattro chiacchere, scambio di indirizzi e foto, i lavori finiscono tardi nel pomeriggio per cui mi fermo un'altra notte prima di partire verso Panama.
Parto al mattino senza alcuna idea di dove posso arrivare, il confine con Panama è famoso per il tempo che si perde per far registrare la moto negli uffici poi la questione dei km qui, ma credo che anche in futuro non cambierà affatto, è piuttosto particolare. Il concetto di distanza non è infatti ancora pervenuto e tutto si misura in tempi di percorrenza. Provare a chiedere quanto manca la risposta è un'ora, un ora e mezza dipende...si, ma in km più o meno?  sorrisone un pò di compatimento come aver chiesto i nomi dei sette re di Roma poi : ahi senor...non si sa... Quindi si va a naso. S.Josè è nel valle central, riprendo la strada verso ovest e quando arrivo sul Pacifico ricomincia a piovere, passo  Jaco con il cielo  grigio  le nuvole  basse che sembra essere a novembre in Carnia, scendendo verso Quepos e Dominical mi imbatto anche in un paio di manifestazioni di taxisti che procedono incolonnati su due o tre file, riesco a sgattaiolare fuori e li passo, ogni tanto una schiarita ogni tanto un'altra buttata di pioggia, i resort e gli alberghi di italiani, gringhi,olandesi e tutto il resto del mondo che sono venuti qui a cercare la terra promessa cominciano a rarefarsi e la natura torna in mano ai pochi che coltivano banane o canna, per il resto jungla e spiagge. Arrivo al confine e stavolta opto per una guida. Ci sono un paio di loro che mi marcano stretto, prima mi chiedono di dargli quello che voglio, non se ne parla,prima ci accordiamo poi si fa il lavoro,la richiesta è venti usd, scende a dieci, offro cinque e uno accetta, alla fine la faccenda dura meno di un ora contro le tre o quattro temute, chiedo al ragazzino se non ha di meglio da fare che stare tutto il giorno a lottare per catturare un viaggiatore ma così riesce a fare anche 50 dollari al giorno, a muovere terra nei campi forse arriverebbe a cinque quindi non ho molto da contestargli, alla fine mi chiede altri cinque per l'impiegato che ha fatto passare avanti il mio passaporto,  vero o meno che sia glieli do, mi fa  fare una telefonata e in meno di un ora sono a David a bere un paio di birre con Marco, il guru dell'officina KTM di Udine e il suo amico Paolo da un paio di settimane in giro per spiagge, villaggi e foreste di Panama.

lunedì 26 dicembre 2011

lago managua...sopra livello...

nel 150 enario...

fra granada e il lago nicaragua

dario, sullo sfondo i vulcnai dell'isola ometepe

moto e camion di banane

via dall'honduras

Robert vive in un quartiere tranquillo di La Ceiba ma alle tre e mezza, un orario che esiste solo per ordinare un giro di birre e poi forse andare a dormire oppure per riempire una parte inutile del quadrante di un orologio, ecco che inizia un concerto di galli che ti sembra di essere il sabato sera a bere un aperitivo fuori da un locale fashion in centro, si mettessero d'accordo un poco ma sembra lo facciano apposta, parte uno poi tutti gli altri assieme, quando sembra che si siano sfogati e ti concedano quel tanto che basta per riuscire a riassopirti ecco che uno riparte, ancora un pò niente poi un'altro, subito dopo un altro ancora e via di nuovo tutti insieme che andresti fuori a tirargli il collo a tutti, non si può fare perchè come detto qui tengono il fucile a pompa sul comodino per cui ti rassegni e alle cinque e mezzo siamo tutti in piedi a fare colazione, anticipo tutte le operazioni del mattino e alle sette sono già in sella. La giornata di sole ce la siamo giocata in cantiere, il cielo è grigio e comincia a piovigginare ma anche qui siamo rassegnati. Rinavigo in mezzo al mare di ananas, e dalle parti di S.Pedro Sula prendo lo stradone verso Tegucigalpa, la capitale. Si torna a salire e si viaggia fra i 700 e i 1500 metri, il panorama ricorda ovviamente il Guatemala, boschi di conifere con sottobosco di palme, valli ripide e baracche abbarbicate sulle pareti, la Panamericana è uno stradone a quattro corsie ben asfaltato e piacevole, arrivando verso la capitale cominciano le buche e i soliti tombini senza coperchio, uno dei pericoli maggiori che si possono incontrare. Per entrare in Nicaragua mi devo difendere come al solito dall'assalto degli assicuratori e degli helpers (come li chiamano i gringos) che in spagnolo si fanno chiamare "guide, in pratica un insieme di umanità varia che si offre per accompagnarti e guidarti per i vari uffici immigrazione e dogana ecc. in cambio di una mancia che all'inizio parte da un paio di decine di dollari e finisce con quello che vuoi tu. Un pò di spagnolo e la gentilezza degli ufficiali di frontiera di solito rende assolutamente inutile la loro presenza.Il Nicaragua negli ultimi anni ha sofferto tre grandi tragedie che la hanno fortemente segnata; la rivoluzione sandinista che comunque secondo me ha lasciato in eredità una coscienza sociale che non si percepisce in altre repubbliche centroamericane, l'uragano Mitch che l'ha devastata e la visita del Papa ( e questa so già che il giornale non me la passa...:)) La zona montagnosa dalla quale sto entrando comunque è una delle più belle, la strada è tenuta perfettamente con i contributi delle grandi compagnie bananiere che la sfruttano per i loro trasporti, mi fermo a dormire ad Estelì, la capitale del tabacco, e passo vicino a Matagalpa, la zona del caffè. Il giorno dopo torno in pianura e mi fermo per un paio di ore a Granada, antica ed affascinante città coloniale, vero gioiello del Nicaragua, altre strade a scacchiera, case basse ordinate spesso di forte personalià, atmosfera un pò alternativa un pò impegnata un pò turistica un pò no e gironzolando becco la casa con targa dove dormì Garibaldi. Foto di rito fra i sorrisi dei residenti, un panino e per strade di campagna in mezzo agli alberi torno a raggiungere e riprendo la Panamericana, lascio a destra il Lago Managua e Managua stessa e sulla sinistra dopo un pò comincia a scorrere e non finisce più di scorrere il lago Nicaragua, anzi, il lago sta fermo e sono io che scorro. Arrivo al villaggio di S. Jorge, prossima tappa, che è il punto di riferimento per raggiungere in traghetto l'isola di Ometepe, l'isola è formata da due vulcani, è la più grande al mondo sopra un lago e, tanto per darvi un 'idea della grandezza del lago è più grande dell'isola d'Elba. A S. Jorge vivono un paio di italiani amici di Ruggero, mentre mi sto orientando, e non ci vuole molto perchè S.Jorge è quattro case e due alberghi Dario mi becca la targa italiana, si avvicina e così ci conosciamo. Lui è di Brescia e una decina di anni fa si è fatto dall'Alaska alla Terra del Fuoco con gli autobus, poi, vuoi per un motivo vuoi per un'altro, diciamo più per uno che per l'altro, decidete voi quale.... ha scelto il lago, no, non è quello il motivo... e lì si è fermato, ha scritto un libro " Da capo a capo" che si trova ancora su internet e gestisce un ristorantino sulla riva dove partono i traghetti per l'isola. Chiacchera che ti chiacchera scopro che non è il giorno che pensavo ma il giorno prima, spesso mi capita di non sapere nemmeno che mese sia ... quindi sono in anticipo rispetto a quello che pensavo e decido di fermarmi una notte in più per fare un giro sull'isola. Prendo il traghetto presto e cerco di fare il giro  come consigliato, la strada pavimentata finisce dopo qualche km , secondo Dario non dovrebbe essere  male ma non ha tenuto conto delle ultime piogge e mi sembra di guidare nel letto di un torrente, per non disintegrare la moto e le mie palle rinuncio e mi accontento della trentina di km asfaltati che comunque sono sufficienti per entrare nell'atmosfera un pò sonnolenta e tranquilla dell'isola. Per rientrare prima del previsto ci sarebbe una lancia che parte fra poco , la proposta è di spingere la moto lungo un asse di legno fino sul tetto della barca ad un metro e mezzo di altezza dal molo, solo il pensiero mi fa inorridire per cui al volo riesco a raggiungere un altro porto dove fra dieci minuti parte il traghetto grande che riporta a terra i camion che portano le banane, faccio la traversata in mezzo ai trasportatori ed ai moscerini ma arriviamo indenni io e la moto, ultima sera e ultimo pescetto nel ristorante di Dario, domani Costa Rica.