lunedì 26 dicembre 2011

via dall'honduras

Robert vive in un quartiere tranquillo di La Ceiba ma alle tre e mezza, un orario che esiste solo per ordinare un giro di birre e poi forse andare a dormire oppure per riempire una parte inutile del quadrante di un orologio, ecco che inizia un concerto di galli che ti sembra di essere il sabato sera a bere un aperitivo fuori da un locale fashion in centro, si mettessero d'accordo un poco ma sembra lo facciano apposta, parte uno poi tutti gli altri assieme, quando sembra che si siano sfogati e ti concedano quel tanto che basta per riuscire a riassopirti ecco che uno riparte, ancora un pò niente poi un'altro, subito dopo un altro ancora e via di nuovo tutti insieme che andresti fuori a tirargli il collo a tutti, non si può fare perchè come detto qui tengono il fucile a pompa sul comodino per cui ti rassegni e alle cinque e mezzo siamo tutti in piedi a fare colazione, anticipo tutte le operazioni del mattino e alle sette sono già in sella. La giornata di sole ce la siamo giocata in cantiere, il cielo è grigio e comincia a piovigginare ma anche qui siamo rassegnati. Rinavigo in mezzo al mare di ananas, e dalle parti di S.Pedro Sula prendo lo stradone verso Tegucigalpa, la capitale. Si torna a salire e si viaggia fra i 700 e i 1500 metri, il panorama ricorda ovviamente il Guatemala, boschi di conifere con sottobosco di palme, valli ripide e baracche abbarbicate sulle pareti, la Panamericana è uno stradone a quattro corsie ben asfaltato e piacevole, arrivando verso la capitale cominciano le buche e i soliti tombini senza coperchio, uno dei pericoli maggiori che si possono incontrare. Per entrare in Nicaragua mi devo difendere come al solito dall'assalto degli assicuratori e degli helpers (come li chiamano i gringos) che in spagnolo si fanno chiamare "guide, in pratica un insieme di umanità varia che si offre per accompagnarti e guidarti per i vari uffici immigrazione e dogana ecc. in cambio di una mancia che all'inizio parte da un paio di decine di dollari e finisce con quello che vuoi tu. Un pò di spagnolo e la gentilezza degli ufficiali di frontiera di solito rende assolutamente inutile la loro presenza.Il Nicaragua negli ultimi anni ha sofferto tre grandi tragedie che la hanno fortemente segnata; la rivoluzione sandinista che comunque secondo me ha lasciato in eredità una coscienza sociale che non si percepisce in altre repubbliche centroamericane, l'uragano Mitch che l'ha devastata e la visita del Papa ( e questa so già che il giornale non me la passa...:)) La zona montagnosa dalla quale sto entrando comunque è una delle più belle, la strada è tenuta perfettamente con i contributi delle grandi compagnie bananiere che la sfruttano per i loro trasporti, mi fermo a dormire ad Estelì, la capitale del tabacco, e passo vicino a Matagalpa, la zona del caffè. Il giorno dopo torno in pianura e mi fermo per un paio di ore a Granada, antica ed affascinante città coloniale, vero gioiello del Nicaragua, altre strade a scacchiera, case basse ordinate spesso di forte personalià, atmosfera un pò alternativa un pò impegnata un pò turistica un pò no e gironzolando becco la casa con targa dove dormì Garibaldi. Foto di rito fra i sorrisi dei residenti, un panino e per strade di campagna in mezzo agli alberi torno a raggiungere e riprendo la Panamericana, lascio a destra il Lago Managua e Managua stessa e sulla sinistra dopo un pò comincia a scorrere e non finisce più di scorrere il lago Nicaragua, anzi, il lago sta fermo e sono io che scorro. Arrivo al villaggio di S. Jorge, prossima tappa, che è il punto di riferimento per raggiungere in traghetto l'isola di Ometepe, l'isola è formata da due vulcani, è la più grande al mondo sopra un lago e, tanto per darvi un 'idea della grandezza del lago è più grande dell'isola d'Elba. A S. Jorge vivono un paio di italiani amici di Ruggero, mentre mi sto orientando, e non ci vuole molto perchè S.Jorge è quattro case e due alberghi Dario mi becca la targa italiana, si avvicina e così ci conosciamo. Lui è di Brescia e una decina di anni fa si è fatto dall'Alaska alla Terra del Fuoco con gli autobus, poi, vuoi per un motivo vuoi per un'altro, diciamo più per uno che per l'altro, decidete voi quale.... ha scelto il lago, no, non è quello il motivo... e lì si è fermato, ha scritto un libro " Da capo a capo" che si trova ancora su internet e gestisce un ristorantino sulla riva dove partono i traghetti per l'isola. Chiacchera che ti chiacchera scopro che non è il giorno che pensavo ma il giorno prima, spesso mi capita di non sapere nemmeno che mese sia ... quindi sono in anticipo rispetto a quello che pensavo e decido di fermarmi una notte in più per fare un giro sull'isola. Prendo il traghetto presto e cerco di fare il giro  come consigliato, la strada pavimentata finisce dopo qualche km , secondo Dario non dovrebbe essere  male ma non ha tenuto conto delle ultime piogge e mi sembra di guidare nel letto di un torrente, per non disintegrare la moto e le mie palle rinuncio e mi accontento della trentina di km asfaltati che comunque sono sufficienti per entrare nell'atmosfera un pò sonnolenta e tranquilla dell'isola. Per rientrare prima del previsto ci sarebbe una lancia che parte fra poco , la proposta è di spingere la moto lungo un asse di legno fino sul tetto della barca ad un metro e mezzo di altezza dal molo, solo il pensiero mi fa inorridire per cui al volo riesco a raggiungere un altro porto dove fra dieci minuti parte il traghetto grande che riporta a terra i camion che portano le banane, faccio la traversata in mezzo ai trasportatori ed ai moscerini ma arriviamo indenni io e la moto, ultima sera e ultimo pescetto nel ristorante di Dario, domani Costa Rica.

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