venerdì 20 gennaio 2012

Cartagena


Cartagena


primi allagamenti


secondi allagamenti e primi colori dalla Colombia


secondi colori dalla Colombia...


Si riparte

Senza dunque omaggiare la terraferma come vorrei, e sarebbe la prima volta che scendo da una barca a vela( vela per modo di dire...) con tale soddisfazione, cominciamo a muovere i primi passi sulla terra colombiana, le priorità sono in ordine: un letto per la notte, una doccia per chi ci sta intorno e una cena per sopravvivere.
In un modo o nell'altro le risolviamo tutte, il gruppo cerca di stare unito ma differenti esigenze familiari,di budget  o che altro ci disgregano un pò, anche se l'appuntamento è per tutti la mattina successiva al porto per riavere i passaporti vistati dall'immigrazione e poi avviare le solite pratiche per i vari mezzi. Per il momento giochiamo a fare i clandestini, non oso pensare alle conseguenze di un controllo casuale della polizia, di solito in barca si issa bandiera gialla che indica appunto " in attesa di completare procedura di ingresso" ma non credo che la cosa valga in terraferma e comunque non mi pare il caso di andare in giro con una bandierina gialla appesa all'orecchio! In teoria alle nove della mattina dovrebbe esserci la distribuzione che viene rimandata  poi ancora rimandata e poi ancora rimandata, purtroppo comincia a girare la notizia che Souky, nonostante avesse interpellato l'ambasciata tailandese, ha bisogno di un visto speciale per entrare e forse deve tornare a Panama con la barca per ottenerlo, mi immedesimo e mi rendo conto del significato della parola angoscia...
Quando finalmente arrivano i passaporti è troppo tardi per la dogana per cui i motorizzati sono rimandati alla mattina dopo, gli altri sono liberi. Alle sette della mattina c'è la convocazione in banchina per scaricare le due moto, gli energumeni di Porto Lindo sono ovviamente rimasti a Panama e qui il capitano denuncia una impreparazione per cui insieme a Rob, l'altro proprietario, ci accompagna anche Pierce che è alto e giovane ma ha la struttura muscolare di una betulla. Anche quella bella lancia robusta è rimasta a Panama per cui la prima moto, la mia, viene verricellata sulla barchetta di appoggio che se dotata di apposite bocchette potrebbe assomigliare più ad una vasca per idromassaggi che ad un mezzo nautico ed inoltre il cui bordo non è più alto di venti centimetri dall'acqua, comunque la moto scende sulla barchetta, per abbassare i baricentro viene appoggiata di lato su un grosso parabordo e sperando di non incrociare onde raggiungiamo la banchina. Si tratta ora di sollevare di circa trenta centimetri fino al molo due quintali circa di moto da un guscio galleggiante per miracolo, che lo si riesca a fare io, Rob,un settantenne ed una betulla è impensabile, per fortuna riusciamo a coinvolgere un paio di personaggi che cazzeggiano nella marina e in una maniera o nell'altra la issiamo, anche la seconda arriva salva e asciutta anche se comincio ad essere un pò esaurito da tutte queste emozioni. Poco dopo ci troviamo con Hans, il cui nome e la cui pancia tradiscono nell'ordine le sue origini germaniche e la passione per la birra, che non è il nostro agente all'Avana ma sarebbe l'uomo di fiducia del capitano per sbrigare le pratiche burocratiche, il capofamiglia francese ha un broker suo, Hans è concentrato sulla questione Souky per cui con Rob ci facciamo dare un paio di dritte e cominciamo a correre per gli uffici doganali. Nel giro di qualche ora le moto sono sdoganate, per il container ci vorranno forse uno o due giorni ancora e purtroppo Souky deve ritornare con la barca a Panama, prova a telefonare all'ambasciata ma, non ci crederete...., all'ambasciata tailandese non parlano nè inglese nè tantomeno tailandese, solo spagnolo, e comunque l'uomo colombiano dell'immigrazione è irremovibile, niente visto niente ingresso, fra le più che giustificate e comprensibili lacrime ritorna a bordo e l'indomani salperà per Panama. Io invece, salpo verso sud, per uscire da Cartagena bisogna attraversare tutta la città e tutti i quartieri periferici, ci metto quasi due ore semistritolato fra due file interminabili di corriere, autobus, camionette e pulmini, cicondato da centinaia di piccole motorette che ronzano intorno come vespe, la strada è polverosa e soffocata da mercatini, bancarelle e a volte da mucchi di detriti o di immondizia. Alla fine il traffico si dirada e il viaggio ricomincia, dopo un centinaio di km di campagne calde e assolate ma devo dire piuttosto ordinate e ben coltivate entro in un'ampia regione di laghi e lagune. Arrivando in Colombia siamo stati accolti da altre notizie di alluvioni e devastazioni, la stagione delle piogge è la peggiore che si ricordi, i giornali riportano bollettini che sembrano di guerra, importanti strade di collegamento sono sommerse dalle frane e molti ponti sono stati spazzati via dai fiumi in piena per cui ad ogni tappa bisogna capire come muoversi e le opzioni non sono molte, la Colombia è attraversata da nord a sud da tre catene di montagne che con grande fantasia si chiamano cordigliera orientale,centrale e occidentale, le tre catene si riuniscono e alla fine vanno a formare la cordigliera delle Ande ma già per scollinare da una valle all'altra si deve salire fino a trebarraquattromila metri di altitudine. Passo unf iume e seguendo il consiglio di non mi ricordo chi mi butto su una strada secondaria, dopo qualche decina di km cominciano le buche, l'andatura si fa zigzagante, poi a tratti l'asfalto sembra avere la lebbra, si corruga e sembra sbriciolato, misto a terra, sassi e ghiaia, nei punti peggiori i camion hanno scavato buche profonde quindici venti cm che a una moto carica non fanno niente bene per cui per qualche tratto si viaggia normalmente poi quasi a passo d'uomo schivando o ammortizzando le buche si percorrono anche quindici venti km, nei punti peggiori ci sono degli strani personaggi, ragazzini ma a volte anche adulti che stancamente armeggiano con vanghe e carriole e fanno finta di riempire le buche per farsi allungare qualche spicciolo dai camionisti che passano. Attraversando un villaggio fermo una motoretta e chiedo motivo delle condizioni della strada e soprattutto per quanto ancora avrei dovuto sopportare quel supplizio, vendette del governo è la prima risposta ma mi promette che in tre minuti la strada sarebbe migliorata, non so a che velocità fosse solito andare il personaggio, ma io ci ho messo venti minuti a ritrovare un asfalto decente. Finalmente ritrovo la strada principale e quasi una velocità  accettabilee, alla fine arrivo a Caucasia, cittadina del tutto insignificante nel mezzo del niente dove mi fermo a dormire, una decina di ore per fare 360 km...fate voi il conto della media....!

domenica 15 gennaio 2012

...hop...


...e via...


s.blas, il cielo non promette bene


ancora s.blas




ponte superiore

terra!

Panama seconda parte

L'arpia austriaca avrebbe voluto incastrarmi anche per la camera ma nonostante sia ormai buio invento una scusa e me ne vado, come detto rimaniano d'accordo che l'indomani ci si sente per la conferma della partenza che dovrebbe essere per dopodomani. Arrivando in fondo ad una specie di spiaggetta, ma dovrebbe essere il porto di Porto Lindo, avevo intravisto un'insegna, nonostante la sabbia e il buio riesco a rimanere in piedi e raggiungo un porticato con sei o sette tavolini e qualche personaggio che mangia, in fondo dietro una lamiera quello che potrebbe essere tutto meno che un cuoco sta trafficando con delle padelle e dei fuochi, la stanza ci sarebbe anche ma per trattare si aspetta la padrona di casa, dopo una mezzoretta arriva, trattiamo e prendo la stanza che più che altro è un locale con dei letti...punto! Non c'è un armadio, non c'è un'appendiabiti, non c'è un tavolino, nè  un comodino, ne' una sedia, nemmeno un chiodo dove appendere uno straccio, in compenso ci sono moscerini, ragni e un topo, probabilmente che scorrazza nell'intercapedine del controsoffitto. Ormai comunque è fatta, è buio, sono stanco e non credo che il villaggio offra molto di più.
Provo se una doccia aiuta ma aiutano sicuramente di più qualcosa da mangiare un paio di birre.
Lui è olandese ex capitano, qui tutti quelli che hanno una barca sono capitani anche se in teoria dovrebbero essere comandanti non essendo dei militari ma lasciamo perdere le sottigliezze, lei è colombiana, quando scopre che sono italiano quasi si scioglie poi per tutta la durata della cena mi racconta del suo amore piemontese conosciuto vent'anni prima, poi coltivato epistolarmente, poi crollato quando lo stronzo si è sposato con un'italiana e poi definitivamente saltato quando lei ha telefonato e la mamma di lui con il tatto di un rinoceronte le ha fatto capire che la faccenda era chiusa!
Nonostante  tutto  lei mi confessa che lo pensa ogni giorno, viene facile pensare che dopo tanto tempo abbia idealizzato un pò troppo ma rimane il fatto che non si fanno queste cose in giro per il mondo!
L'indomani gita alle chiuse di Gatun ad una cinquantina di km, tre o quattro aquazzoni tanto per non perdere l'abitudine ma l'opera è straordinaria, i due oceani hanno un dislivello di alcuni metri ma le navi vegnono fatte salire di 26 metri con varie operazioni fino al livello del lago Gatun che viene attraversato poi vengono fatte ridiscendere fino al livello dell'altro oceano, l'operazione dura circa otto ore e costa un botto ma evita di fare il giro per Capo Horn sotto la Terra del Fuoco che è un pò lunghetta ed io lo sto scoprendo km dopo km.
Al rientro passo per il mitico ostello, la partenza è confermata per domani, appuntamento all'ufficio doganale di Porto Belo alle 8.30 con il capitano per le formalità e gli accordi.
La mattina dopo accompagno anche Aude in moto a Porto Belo lei è francese, ha 24 anni e sta un annetto in giro per le americhe con il suo zaino e circa quindici dollari al giorno, vi assicuro che si può fare...L'ho conosciuta la sera prima quando mi ha chiesto informazioni sul trasferimento e le ho consigliato di cercare un'accordo last minute con il capitano la mattina dopo. Il capitano è sloveno il che sulle prime crea una certa confidenza che però si fermerà alle prime appunto. Comunque si fanno le carte, la barca è ancorata nella baia, alcuni salgono con la scialuppa mentre con un'altro motociclista torniamo a Porto Lindo dove c'è meno onda per caricare le moto.Di moli neanche parlarne, con la moto arrivo sulla battigia parallelo al mare, si affianca una lancia con sei energumeni neri...unduetre hop e la moto è sulla lancia, mi fanno sedere come dovessi guidare, pianto i piedi sui fianchi della lancia e navigando arriviamo sottobordo, un paio di cime legate al telaio una verricellata e la moto è sul ponte superiore a cinque metri di altezza dal mare. L'operazione dura una mezzoretta e mi costa una solenne dose di capelli bianchi...come se ce ne fosse bisogno...! La barca è un 80 piedi cioè i soliti 26 metri circa  di ferro con due alberi che considerata la stazza  servono solo ad appenderci gli asciugamani per farli asciugare e a intrigare sul ponte, ha una sessantina di anni e li dimostra tutti nel senso che una volta era probabilmente una cosa di gran lusso ma diciamo che quel lusso è appannato da un livello di manutenzione non particolarmente scrupoloso. Con uno degli compagni di viaggio concordiamo sul fatto che il radar è stato probabilmente acquistato di seconda mano e che il primo proprietario non lo usava più dopo essersi arenato sul monte Ararat. Comunque si parte, a tre ore dalla baia c'è l''ultimo villaggio quasi civile dove si fa scorta di birre che la casa non passa e dove  salgono i tre ritardatari che arrivano in taxi da Panama, alla fine il carico è così composto: Aude, francese; Matteo, altro giovane backpacker italiano; Pierce, trent'anni ingegnere inglese ha comprato una macchinetta negli States e anche lui va a sud, ogni tanto si arrampica su qualche montagna e ogni tanto dorme in macchina, una coppia di olandesi che non ho idea di come siano finiti lì, una famiglia di francesi composta da lui, lei e quattro figli che spaziano dai quattro ai dodici anni circa, lui quarant'anni fulminato anzitempo dalla solita crisi esistenziale dei cinquanta ha mollato un posto di dirigente di una multinazionale poi ha comprato un motorhome da nove metri negli Stati Uniti e con tutto il gruppo sta andando in Patagonia; Gilbert ha qualche anno più di me, è francese ma vive a S.Francisco è amico di Martin che è australiano ed è amico di Rob che è inglese ma vive in Nuova Zelanda e con tre moto stanno andando in Sudamerica ma Martin è anche fidanzato con Souky che è tailandese e li sta seguendo con un furgone di appoggio, in pratica ci sono tutti i continenti esclusa l'Africa ma sicuramente qualche nonno dell'equipaggio coprirebbe la mancanza. Il comandante come detto si chiama Michel e ha settant'anni devo dire ben portati poi ci sono Maria Josè detta Majo ( si legge Maho) che ne ha venti ed è la sua fidanzata ed è colombiana come anche Ana Paola e Tatiana. In tre non fanno l'età di lui. Se fate un due conti siamo una ventina di persone il che rende la situazione decisamente sovraffollata, la barca è grande ma considerato che c'è anche un cane che ha una sua zona riservata alla fine gli spazi che avanzano da tutte le cianfrusaglie sparpagliate sul ponte non sono un granchè e ogni tanto sembra di essere a Milano in Galleria la vigilia di Natale. Per farla breve un paio di giorni da un isoletta all'altra navigando per risparmiare carburante a 6 nodi cioè circa 11 kmh  cioè fermi come uno scoglio poi la buttata di due giorni e una notte fino alla meta con tanto di burrasca notturna con 50 nodi di vento, un genio che ha lasciato aperta una finestra nel salone (!) principale poi allagato da un'onda compresi quelli che ci dormivano, alla fine credo che l'unico che ha dormito sono stato io che tanto se deve succedere succede e con tutta quella gente se proprio aveveano bisogno mi chiamavano...quando mi sveglio trovo anche un tubo che dalla sala macchine passa attraverso il salone e butta fuori in mare, mi spiegano che è servito a svuotare la sentina dall'acqua, evito di entrare nei particolari ma con grande soddisfazione di tutti all'ora del tramonto dopo quasi due giorni di navigazione entriamo nel porto di Cartagena, lo spettacolo è grandioso ma niente a confronto della soddisfazione che da' la sensazione di solido sotto i piedi, resisto alla tentazione di baciare la terra appena sbarcato per non urtare la suscettibilità del capitano e per non essere accusato di plagio!