mercoledì 14 dicembre 2011

Antigua

Antigua è la classica città coloniale, il Parque Central che è la solita piazzona con alberi ed aiuole punto di incontro e riferimento per tutti con i palazzi simbolo dei vari poteri, politico, ecclesiastico e militare, quindi il palazzo del governo con il municipio, la sede del comando militare e l'immancabile basilica. Non vi sto ad annoiare con pistolotti eruditi raccontandovi che per molti anni fu sede della capitale poi spostata a Città Guatemala quando fu quasi distrutta dall'ennesimo terremoto ma un minimo di informazione ci vuole. L'atmosfera è assolutamente seducente, la struttura delle vie è la solita dove le calli sono perpendicolari alle avenide, tutte rigorosamente in ciottoli, molto romantico ma girarci in moto ti sfondi le sospensioni e non solo quelle..., le case sono basse ed esternamente si gioca solo con i disegni dei serramenti, le strutture delle inferriate in ferro battuto e i colori delle facciate che a volte sono anche piuttosto inusuali. L'anima della città è nei patii e nei cortili interni, dietro la facciata le camere si sviluppano intorno ad uno o più cortili con colonnati letteralmente soffocati da piante e fiori che riescono ad isolarti acusticamente e psicologicamente dal mondo esterno. Non ci sono neon o insegne luminose, i negozi e i locali sono segnalati solo da discrete targhe appese sopra la porta o dipinte sugli stipiti, l'illuminazione pubblica è bassa e discreta, quasi silenziosa, quasi fosse a lume di candela.
Di giorno pochi turisti e qualche viaggiatore dall'atteggiamento più impegnato si mescolano ai molti giovani dall'aria molto alternativa ma soprattutto ai colori dei vestiti e dei prodotti offerti dalle donne che come formiche vagano per le strade a caccia di una vendita. I due giorni previsti diventano tre, devo far asciugare i vestiti ma soprattutto devo far passare una mezza influenza che mi sta cadendo addosso dopo le lavate prese arrivando dal Messico, un pò di sole aiuterebbe ma ancora non si fa vedere, il cielo continua ad essere coperto  e le montagne che si dice circondino la città continuano ad essere una leggenda, piove ogni giorno almeno cinque o sei volte, sui giornali si cominciano a vedere le conseguenze della depressione tropicale passata nei giorni precedenti, frane, fiumi straripati, ponti crollati, strade interrotte, regioni allagate, le solite polemiche politiche che se non'altro ti fanno sentire un pò a casa...
ma purtroppo anche una trentina di morti che nei giorni successivi diventeranno oltre cinquanta.
L'ultimo giorno piove quasi sempre e lo passo praticamente in albergo, riposo e qualche cocktail di aspirine e porcherie varie ma la mattina dopo va già meglio e mi rimetto in strada. Uscendo dalla città attraverso il Parque, sei moto son in fila davanti al municipio, mi fermo e comincio a chiaccherare con Andrè, lui è svizzero ma ci sono un inglese che viaggia con una croata, un'altro svizzero e qualche altra nazionalità che non ricordo, tutti in viaggio verso Ushuaia, mi pare che la faccenda si stia facendo un pò troppo affollata per i miei gusti, pare che a Natale ci sia un'incontro di motociclisti a Cuzco in Perù, ci si scambia i riferimenti, saluti e si parte Il cielo è coperto, nemmeno a dirlo, ma le nuvole sono alte, il che sembra bene ma in effetti qui non vuol dire niente se non che invece di piovere adesso pioverà più tardi ed infatti dopo una trentina di km arrivando a Guatemala City mi devo fermare per mettere l'antipioggia. Senza perdere troppo tempo ma soprattutto senza perdermi io riesco ad attraversarla, la città è seduta su un altipiano, uscendo le pareti che la sostengono si spaccano con profonde e strette fenditure dove i quartieri più poveri appendono le loro case di mattoni e lamiere come fossero un vespaio abbarbicato sopra una roccia. Passata la città  prendo la strada che porta verso l'Atlantico e ricomincia la teoria di frane e di cedimenti e di ecc.ecc., smette però di piovere e sembra quasi di vedere un pò di azzurro, mi tolgo la tuta da palombaro e comincio ad asciugarmi. Per arrivare al confine di el Florido e passare in Honduras però si torna verso le montagne, la strada si restringe e ricomincia ad arrampicarsi in mezzo alle valli, altre frane e altri passaggi difficili, a pochi km dalla frontiera stanno liberando la strada da un ondata di fango fresca fresca appena scivolata giù dalla collina e lunga un paio di centinaia di metri. Insieme a trattori, bus, camioncini, mototaxi, biciclette e pedoni aspettiamo che la ruspa apra un passaggio,  quando ha finito scendo a passo d'uomo navigando su un fondo di dieci cm di fango con i piedi a terra che scivolano per mantenere l'equilibrio della moto, passo anche questa e con l'aspetto di un rugbista arrivo finalmente al confine. Per uscire dal guatemala tutto bene, per entrare in Honduras invece si paga dazio! La storia che si inventa il doganiere è che causa maltempo i sistemi informatici non funzionano, nonsisà quando riprenderanno e quindi la pratica va fatta a mano e guardaunpò a mano costa 40 dollari...provo a buttarla lì che naturalmente mi rilascia una ricevuta per il giornale per cui lavoro...non se ne parla nemmeno, non è previsto! Provo che in Honduras conosco un avvocato e potrei consultarmi con lui ma anche così non si impressiona quindi visto che sono le cinque del pomeriggio, è quasi buio e sono di nuovo bagnato perchè naturalmente sta piovendo decido di collaborare alle spese della sua famiglia e mollo i quaranta, il suo sorrisone quando alla fine delle pratiche si mette in tasca il mazzetto, anzi la mazzetta, non mi consola ma mi convince definitivamente di aver aggiunto una voce al bilancio di casa! Comunque vabbè, sisà che può succedere, girano un pò le balle ma non è da considerarsi un imprevisto, raccolgo le carte, rimonto in sella , qualche decina di km e raggiungo Copan. Alberghetto, doccia e cena meritata. Domani turismo!

1 commento:

  1. Grande Ricki, grazie di renderci così partecipi della tua avventura giorno dopo giorno.
    Continua così, è un vero piacere leggerti.
    Ciao da Piero e Sister.

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